Uno dei miei passatempi preferiti, da quando ero arrivato a Verona, era di passare almeno un pomeriggio a settimana in biblioteca, cercando in giornali di 20, 30 ed anche 40 anni fa, fatti strani che potessero essere successi e che potevano riguardare i miei specifici interessi. Nel caso ne trovassi uno ripartivo da zero cercando ripetizioni di occorrenze simili per vedere se quell’episodio si fosse riproposto o meno nel tempo. Se si, quasi sempre c’era qualcosa di interessante da studiare.
Era un giovedì pomeriggio, e Barbara, la ragazza al bancone, ormai mi conosceva e conosceva i miei gusti in fatto di ricercai, quindi mi apostrofò con un: «Da che anno vuoi partire oggi?» Le sorrisi e le dissi che avevo tutto il pomeriggio libero, che nel nostro linguaggio, quasi codificato, voleva dire che potevo patire da parecchio indietro.
Così decisi di partire dal 1950. Fortunatamente con l’avvento dei computer non serviva passarsi tutte le microfiche del giornale, ma si poteva chiedere al sistema di fornire solo copie in cui erano presenti solo alcune tipologie di notizie. Barbara sapeva che io cercavo notizie di fatti strani o qualunque cosa fuori dall’ordinario. Fece una veloce indagine a partire dal primo gennaio 1950 e subito le si illuminò il viso: «Sei fortunato oggi: già al 3 di gennaio c’è qualcosa.» Aspettai pazientemente che il sistema finisse la sua ricerca e che stampasse il risultato, poi mi scelsi una postazione con il computer libero e mi misi all’opera.
Ovviamente il 98% delle notizie apparentemente interessanti erano storie inventate da gente in cerca di cinque minuti di notorietà, ma a volte, invece, si trovavano notizie davvero interessanti. Così mi misi verificare e depennare spesso, ahimè, le varie notizie estrapolate dal sistema, finché non trovai qualcosa che attirò la mia attenzione, e di norma, quando succedeva, allora qualcosa sotto di interessante c’era!
Il titolo dell’articolo riportava: «Animale selvatico spaventa gli abitanti delle Torricelle.» Poi l’articolo spiegava che diverse persone che passeggiavano lungo le strade sterrate della zona nord delle Torricelle, erano state terrorizzate da un animale, mai avvistato peraltro, che faceva versi gutturali molto profondi e aggressivi. L’animale inquietante questione, veniva sempre localizzato lungo i bordi delle strade, ma mai sulla strada, come se volesse evitare di essere avvistato.
La forestale, interpellata per fare luce sull’accaduto, teorizzano il passaggio di un orso bruno, sebbene non siano state trovare ne impronte ne ciuffi di pelo che tipicamente si trovano al loro passaggio. Inoltre, sempre la forestale, trovava difficile confermare che si trattasse di un plantigrado, perché in effetti non era mai capitato che si fosse spinti cosi a sud rispetto alle zone dove abitualmente vivono in veneto.
Si, la notizia poteva essere di quelle che mi interessavano, però mancava ancora la contro prova, ossia la presenza di notizie simili negli anni precedenti o successivi a quello che stavo leggendo. Chiesi a Barbara di fare una ricerca all’indietro per una 10na di anni mentre io andavo alle macchinette e prendere due caffè: uno per me ed uno per Barbara.
Pronti i due caffè tornai verso il bancone e già dalla espressione della Barbara capii che all’indietro nel tempo non c’erano notizie simili e le dissi, posando il suo caffè vicino alla sua tastiera: «niente eh??» Lei scosse la testa per confermarmi che non aveva trovato nulla. «Ok c’è ancora una possibilità: prova a cercare per circa 10 anni in avanti da allora» e mentalmente incrociai le dita.
Barbara con la velocità di una consumata segretaria fece volare le dita sulla tastiera e poi sorseggiò il suo caffè mentre aspettava la risposta dal computer centrale.
Ad un certo punto, un suono acuto familiare, insieme al caffè andato quasi di traverso a Barbara, mi fece capire che c’erano delle corrispondenze! «Sei fortunato!! Dal 1950 al 1996 ci sono occorrenze multiple di eventi simili.» «Proprio fortunato» sussurrai io mentre mi godevo già la caccia a non sapevo bene ancora cosa!!
La testina della stampate ad aghi comincio a ronzare mentre imprimeva sulla carta quelle informazioni che volevo tanto leggere, ma dovetti aspettare con calma che stampasse tutto prima di poterci mettere le mani, e gli occhi, sopra.
Quando la stampante espulse l’ultimo foglio fino al punto di taglio, Barbara, con molta attenzione stacco il foglio dalla stampante e mi passò il piccolo blocchetto che si era formato, visto il numero di pagine stampate. «Ti ci vorrà una settimana per verificare tutta quella roba» disse Barbara indicando il blocchetto di fogli stampati. La guardai sorridendo: «sai che per me è un passatempo, non ho fretta. Ci metterò il tempo che serve: non ho nessuno che mi corre dietro.»
Quello che non sapeva la Barbara, era che avevo avuto un colpo di fortuna mentre lei era a casa per un raffreddore, ed avevo avuto accesso alla lista utenti e password che il suo sostituto teneva sempre in giro per il bancone perché non ricordava mai la sua di password.
Quella lista, più l’aiuto di un amico nerd, mi garantivano accesso al loro sistema anche di sera o festivi se mi fosse servito. Chiaro non c’era il silenzio che c’era li, ma quando avevo fretta di concludere era comodo poter accedere alla banca dati della biblioteca da dovunque potessi attaccare un modem.
Mi rimisi alla mia postazione e cominciai a spulciare i vari articoli che il sistema aveva estrapolato: per la maggior parte erano corretti, solo una piccola percentuale erano stati estrapolati erroneamente, ma per colpa di titoli degli articoli troppo simili all’originale.
Senza farmi vedere entrai nel menu di ricerca, al quale chiaramente un utente della biblioteca non avrebbe potuto accedere.
La prima cosa che verificai fu se l’autore degli articoli fosse sempre lo stesso, e per diversi anni dal 1950 lo era. Un certo Giancarlo Fedoni. Presi nota sul mio blocchetto, poi verificai chi scrisse il primo articolo successivo al suo e se fosse sempre lui a scriverne. Delusione: ogni anno cambiava, ma arrivando al 1990 fino al 1999 il giornalista era sempre lo stesso, un certo Fabio Daldosso.
Presi nota anche di questo: appena fuori le prime cose da verificare erano se entrambi fossero ancor vivi e se il secondo lavora ancora o meno per il quotidiano locale.
Misi il blocco di carta stampato dal computer nello zainetto, spensi il computer così da cancellare la cache e mi diressi verso il bancone per salutare la Barbara: era stato un pomeriggio tutto sommato fruttuoso, almeno sino a quel momento.
Arrivato a casa feci uno schema delle cose da fare l’indomani, ossia cercare sia Fedoni che Daldosso presso l’Arena per capire se lavorano ancora li o meno, anche se sul primo avevo forti dubbi.
Al mattino successivo cercai il numero di segreteria dell’Arena e durante una pausa sul lavoro chiami chiedendo di entrambi; il primo come immaginavo era in pensione da anni, ma il secondo, anche se ora faceva lavoro di segreteria lavorava ancora li. Chiesi alla signora che mi aveva risposto come poter organizzare un incontro con Daldosso e lei, molto gentilmente mi diede il numero diretto dell’ufficio.
Aspettati la mia pausa pranzo e lo chiamai. Rimase piuttosto sorpreso in particolare per gli articoli a cui facevo riferimento. Mi spiegò che allora era stato appena assunto e gli rifilavano le cose che nessuno voleva gestire, insomma la classica gavetta anche li. Gli chiesi se era possibile vederci per parlarne, dandogli come motivazione che stavo scrivendo un pezzo per una rivista on line del mistero e che quindi le sue informazioni mi sarebbero stare molto utili.
Dovetti essere convincente, perché accettò di incontrarci in un bar di sabato, praticamente il giorno dopo, ed io ben felice confermai.
L’indomani alle 14 e 55 ero già al bar sebbene l’appuntamento fosse per le 15 e15: odio arrivare in ritardo, per cui ho sempre cercato di arrivare prima ad un appuntamento. Mi sedetti ad un tavolo all’aperto, immaginavo che preferisse così visto di cosa dovevamo parlare.
15 e 10 puntuale anche lui lo vedo entrare al bar, avevo cercato sue foto su internet cosi da sapere almeno che aspetto avesse; gli faccio cenno con la mano mentre gli chiedo. «Fabio ?» Lui fa cenno di si e siede al tavolino piuttosto tranquillo. Lo studio un attimo: passano gli anni, ma lui è rimasto ancorato al suo passato: veste ancora come un fricchettone, camicia bianca con sopra gilet di chissà quale abito.
Collana tipo indiana (d’America) al collo, al polso un bracciale in rame con la testa di una qualche divinità pre colombiana, ed immancabile coda di cavallo con i capelli ormai più bianchi che castani. Gli diedi merito, mentalmente, di essere almeno coerente con se stesso pur passando gli anni. Aveva anche una di quelle borse in lana intrecciata tipicamente Indio, che a giudicare dallo spessore conteneva un bel po’ di roba.
«Allora Fabio, vedo che sei venuto ben attrezzato» gli dissi indicando la sua borsa. Lui la guardò e mi rispose «Beh sei stato piuttosto specifico sulla tua richiesta, ho pensato che magari qualche cosa potesse esserti utile dalla fonte.» In effetti aveva ragione, ma non pretendevo che stampasse il tutto e me lo portasse, magari si poteva prima parlarne così poteva stampare solo quello che mi serviva.
Come se mi avesse letto nel pensiero riprese il discorso «sai negli articoli pubblicati, molti particolari son stati omessi perché il direttore di allora li credeva troppo crudi per pubblicarli; magari invece son importanti per la tua ricerca ed il tuo pezzo.»
E così dicendo prese quel pacco di carta dalla sua borsa e me lo passò. Poi cercò nelle sue tasche qualcosa ed infine trovò quello che cercava: una chiavetta USB con il logo del giornale. «Puoi tenere tutto sono ristampe io gli originali li ho sul mio computer ti ho fatto anche una copia dei file, così ti eviti di dover riscrivere le parti che vuoi usare.» Tanta cortesia professionale mi impressionò: avevo già avuto a che fare con giornalisti, ma nessuno si era mai mostrato così cortese. «Fabio non so che dirti, davvero sei stato gentilissimo.»
Mi guardò un attimo e poi aggiunse «In realtà lo faccio anche per un motivo egoistico: io non so cosa ci fosse dietro quegli accadimenti, ma sono certo che qualcosa di strano c’era se tu arrivassi a scoprire cosa sia mi piacerebbe che me lo facessi sapere.» Capii dove voleva arrivare, ed in fin dei conti a me non cambiava nulla parlarne con lui o con un altro giornalista. «Tranquillo se scopro qualcosa la storia è tua!!
E mi pare il minimo visto la documentazione che mi stai passando!» Vidi Fabio rilassarsi: era chiaro che non fosse certo che io appoggiassi la sua domanda di avere l’esclusiva o quanto meno la precedenza in caso di storia interessante. Peccato per lui che se fosse stato interessante, come intendevo io, dubito fortemente che il suo direttore lo avrebbe autorizzato a pubblicare il pezzo !! Comunque a me non costava nulla dirgli che sarebbe stato il primo ad avere le eventuali novità e lui di queso era contento.
«Ma dimmi, Fabio, tu che idea ti sei fatto di questa storia?» Volevo capire se si era mosso in direzione scientifica o se aveva valutato la possibilità dell’argomentazione paranormale.
«Beh all’inizio avevo preso per buona la faccenda dell’orso sconfinato da nord, visto poi che c’erano stati i precedenti di Fedoni, ma propio leggendo i suoi pezzi, la cosa ha iniziato a non tornarmi: niente impronte, niente pelo, niente orso trovato a distanza di tempo, anche morto per fame o per via di un cacciatore, e al tempo mi informai preso il centro controllo fauna selvatica del Trentino, ed a loro non risultavano mancanti orsi di quelli che tenevano controllati.»
«Quindi che idea ti sei fatto?» Lo incalzai, «beh vedrai dagli appunti che son tornato diversi giorni dopo a cercare impronte di giorno e ne ho trovate, solo che non erano di orso. Ho fato fare il calco da un amico della scientifica, e quando ho portato il calco all’ufficio di profilassi zoofilo il veterinario mi ha chiesto se era uno scherzo o cosa.
L’impronta era chiaramente di un ovino, salvo per le dimensioni: se fosse stato un ovino reale, le dimensioni dell’impronta portavano ad un peso di oltre 100kg, e lui come veterinario non aveva mai visto una pecora, una capra o altro di ovino con quel peso.»
«Quindi che hai fatto ?» Lo incitai ancora; «Beh potevo fare ben poco, salvo negli anni successivi quando risultava ricomparire, cercare di nuovo le impronte e trovare sempre le stesse: un ovino di troppo grossa taglia. Sinceramente a quel punto mi son bloccato perché non sapevo che altro fare.»
Lui non sapeva che fare, ma io si, avendo le foto e le misurazioni di queste impronte sapevo dove andare a chiedere a chi appartenessero. Ma questo chiaramente non lo dissi a DalDosso. Passammo un po’ di tempo a fare ipotesi, lui sempre più lontane dalla realtà, io senza saperlo, sempre più vicino. Ma non potevo lasciarlo di punto in bianco, dopo che si era dimostrato così collaborativo.
Così passammo un paio di ore, calcolaci fosse il tempo giusto che dovevo dedicarli, e poi trovai una scusa per andarmene e ci salutammo promettendoci di restare in contatto per eventuali novità nelle mie ricerche.
Rientrato a casa, iniziai a pensare a come organizzarmi: c’erano diverse cose che dovevo fare prima di decidere se aprire la caccia o meno. Dovevo verificare la questione delle impronte ovine; dovevo verificare l’assenza di pelo di orso, sebbene visto il numero di anni passati da quando era iniziata questa faccenda, era improbabile che fosse sempre lo stesso orso a farsi vivo di anno in anno: fosse stato un Ursus arctos Horribilis la vita media era di 20/25 anni, mentre si fosse trattato di un Orso Bruno Marsicano si poteva arrivare ai 35 anni.
Considerando che la cosa era iniziata intorno il 1950 e che eravamo nel 1992 l’Arctos Horribilis era scartato: fuori range con l’età. Se invece si fosse trattato di un Bruno Marsicano con gli anni ci stavamo dentro, ma non con la posizione: i Marsicani in Italia vivono sull’Appennino e trovavo piuttosto improponibile che avesse attraversato l’intera pianura padana senza che qualcuno l’avesse avvistato.
Quindi, se non altro restava un rompicapo di tipo faunistico: che ci faceva in Orso Marsicano in Veneto?
Ero sempre più convinto che non si trattasse di orsi, per cui dover decidere cosa fare: e la prima cosa che mi venne in mente fu di fare un sopralluogo nelle zone in cui era stato avvistato più di frequente.
Un’altra cosa che non tornava erano le fasi lunari: tutti dicevano di averlo visto abbastanza chiaramente perché nelle notti degli avvistamenti c’erano la luna piena: ora da che mondo è mondo, gli orsi nelle notte di luna piena, pur non avendo predatori naturali, tendono a muoversi nei sottoboschi per non essere localizzati nel dalle loro prede ne da improbabili predatori; e questa cosa si assommava alle altre che mi facevano scartare l’orso come soggetto degli avvistamenti.
Consultai il lunario mancavano 3 giorni alla luna piena, così avevo il tempo di fare, intanto, dei sopralluoghi diurni, per intanto. e così feci: il pomeriggio stesso salii sulle torricelle nella zona dei presunti avvistamenti, ed infilatomi nel rado sottobosco lungo la strada comincia a cercare segni della presenza di eventuali orsi o altri animali di grossa stazza.
Mi ero stampato copie di orme dei vari tipi di orsi, in diverse fasce di età, ma anche impronte di linci, ed altri felini, sai mai si trattasse di qualche felino sfuggito a qualche circo che si fosse guardato bene dal segnalarlo alle autorità. Mentalmente mi segnai un percorso di circa un paio di metri dal ciglio della strada verso l’interno del sottobosco e perlustrai con molta attenzione il terreno in cerca di impronte, gli alberi, gli orsi si sa amano grattarsi strofinando al schiena sui tronchi, inoltre cercavo anche escrementi di grosse dimensioni: se battevano la zona per diversi giorni dovevano pure defecare da qualche parte.
Ma nonostante la massima attenzione che posi sulla ricerca, non trovai assolutamente nulla di quello che cercavo; e questo era quanto meno strano: un animale ingombrante come un orso non poteva non lasciare nessuna traccia, per cui la mia convinzione che si trattasse di altro aumentava di minuto in minuto.
C’era un però: se si fosse trattato di un qualche tipo di manifestazione di demone o entità sovrannaturale perché la mia sfera protettiva non era scattata? Di solito si erge a barriera per molto meno, allora perché adesso no? Questa cosa mi lasciava molto a cui pensare perché era un comportamento decisamente atipico.
Quando mi era stata innestata la sfera protettiva, mi era stato detto che in parte era come se avesse una sua volontà, per cui poteva scattare ancor prima che io percepissi una minaccia o un pericolo.
Ora, era vero che al momento questo animale non era presente, ma di solito anche solo le tracce erano sufficienti a far scattare la protezione. Continuano a pensare a questa cosa mentre rientrai vero casa, visto che ormai si era fatto troppo buio per continuare a cercare.
Comunque mancava poco alla luna piena per cui non dovevo aspettare altri due giorni per chiarire questo mistero, sempre che di mistero si trattasse.
Passarono i due giorni e finalmente arrivò la sera che mi interessava. Stava cominciando a imbrunire così controllai per l’ultima volta lo zainetto. S’era tutto quello che mi serviva, compreso un piccolo kit di pronto soccorso… non si sa mai!!
Ero anche fortunato: il cielo era limpido e le previsioni non davano segno di perturbazioni in transito per cui avrei avuto una bella nottata di plenilunio tutta a disposizione per le mie ricerche. Fu mentre imboccavo la salita per le torricelle che mi successe di provare quella sensazione per la prima volta i vita mia: sentii la sfera agitarsi come fa di solito prima di scattare in protezione, ma alla fine non scattò.
Fu come se fosse in dubbio, come se avesse percepito qualcosa, ma non sapesse catalogarla in positivo o negativo; e man mano salivo verso la cima del colle, sentii questa specie di dubbio più volte, ma non era una sensazione mia, era proprio della protezione. Non sapevo come interpretare questa cosa: della protezione mi avevano spiegato tutto quando me la impiantarono, ma nessuno mi parlò di dubbi da parte sue verso una situazione!!!
Appena aperto lo sportello della macchina lo sentii e questo mi distrasse dai dubbi sulle capacità di percezione della sfera. Era un odore forte, muschiato, di animale alfa del branco, ma non lo sentivo ostile o aggressivo, solo curioso. L’unica cosa che mi preoccupava un po’ era che non riuscivo a localizzarlo: era come se fosse tutto intorno a me.
Il piccolo parcheggio dove mi ero fermato era stranamente, ma forse nemmeno tanto, deserto. Normalmente era un punto di sosta per coppiette in cerca di intimità, ma che non avevano un posto dove ottenerla e quindi venivano quassù a scambiarsi effusioni in macchina. Il fatto che di solito ci fossero altre macchine era una specie di assicurazione: in caso di problemi con guardoni bastava gridare o suonare il clacson della macchina che tutti quelli vicini sarebbero scesi dalle macchine per vedere che stesse succedendo.
Diciamo una specie di accordo non scritto di mutuo soccorso. Da quando erano iniziati gli avvitamenti durante il plenilunio però, la gente evitava di venire quassù per cui ero l’unico presente, almeno apparentemente, perché almeno un altro essere era presente in quel momento e ne ero più che certo.
Il fatto che la sfera non si fosse attivata mi faceva pensare che alla fin fine non doveva essere una minaccia. Senti una voce nella mia testa: «Ummm cosa abbiamo qui ? Dominus in lucem matutinam.» La cosa, confesso mi colse impreparato: pochi sapevano il nome con cui ero stato battezzato alla fine del mio addestramento e per pochi intendevo due: io e chi mi battezzò!!
Escluso che fosse il mio mentore, visto che era morto da qualche anno la cosa mi lasciò ancora più perplesso. Mantenni la calma interiore, e gli chiesi: «e con chi ho l’onore di parlare, o tu che conosci il vero nome?»
Il fatto che sapesse il mio vero nome richiedeva, a scopo preventivo, di mantenere un certo tipo di rispetto finché non fossi stato certo di chi o cosa era chi mi aveva contattato.
«Juna, scivola sed respektema. Saĝa de vi, tiom provizore.» Mi stava mettendo alla prova o cosa con questo cambio di lingue continue? Prima il latino, adesso l’esperanto. Se voleva confondermi , beh era sulla buona strada, per cui era meglio riprendere il controllo subito.
«Se non sei ostile palesati, affinché io possa sapere con chi ho l’onore».
Si alzò un alito di vento freddo ed un basso e profondo ringhio mi arrivo alle orecchie dal bosco alle mie spalle. «Furbo da parte tua inserire un incantesimo di rivelazione in una frase ordinaria» sentii di nuovo nella testa, «ma dovrai fare di meglio Maestro del Mattino»
«Ok» pensai tra me e me, «questo non è un fessacchiotto qualsiasi, ha identificato l’incantesimo ed è riuscito a neutralizzarlo in mezzo secondo». La situazione non stava precipitando, ma non mi piaceva comunque come stava andando: non stava andando come io avevo programmato!!
«Continuiamo a giocare o passiamo a cose serie ?» Senti questa volta una voce, vecchia ma forte. Mi girai in direzione della voce, ma ovviamente non c’era nessuno. «D’altronde sei venuto tu a cercarmi, sono giorni che bazzichi qui intorno con i tuoi incantesimi di rivelazione, non che sia servivi a molto, ma è fastidioso dover lanciare contro incantesimi di continuo» Quindi lo avevo se non altro infastidito, non dico colpito per la mia bravura, ma almeno infastidito: era già qualcosa!
«Beh se tu non ti occultassi, non sarei costretto a cercarti per capire chi sei» gli dissi. Una risata fragorosa quasi mi spaccò i timpani. «Perché se sapessi chi sono pensi riusciresti a mandarmi via nel caso?» Stava ancora sghignazzando mentre poneva la sua domanda. O era tremendamente sicuro o era tremendamente stupido.
«Non voglio mandare via nessuno» gli risposi «voglio solo sapere chi sei e cosa stai cercando da trenta e passa anni da queste parti».
«Ummm quindi se io mi mostrassi e ti dicessi cosa cerco te ne andresti per la tua strada?» Dovevo stare molto attento a questo punto: se era un demone avrebbe cercato di ottenere una mia promessa di lasciarlo in pace e avrebbe cercato di farlo con l’inganno. «Se le tue motivazioni non hanno nulla a che fare con i mortali e non sei qui per fare del male a nessuno, si, non avrei motivo di darti la caccia.» Sperai di aver formulato la risposta in modo corretto, ossia senza dargli appigli a cui aggrapparsi per restare anche fosse stato un demone.
«La caccia di solito finisce in un solo modo: uno morto l’altro vivo» Pur espressa così, il tono non era minaccioso, ero certo che non avessi voluto minacciarmi, nonostante il senso della frase. «Sai bene che ci sono sorti peggiori della morte per alcune creature» provai a rispondergli.
«È vero quello che dici: dipende tutto da chi il cacciatore e chi è la preda e se i ruoli non si scambiano durante la battuta» mi rispose. Sapevo cosa intendeva: in passato maghi, maestri dell’occulto ed altri avevano fatto una brutta fine per essere troppo sicuri di se stessi, e la loro sicurezza li aveva trasformati da cacciatori in prede con l’esito che potete immaginare.
Cercai di mostrarmi non aggressivo: «Poi non è scritto su nessuna pietra che tu sia la mia preda ed io il tuo cacciatore, ne viceversa.»
«Vero anche questo» annuì lui, «sei saggio, te l’ho già detto Maestro del Mattino?» Di nuovo mi stava prendendo in giro, o forse lo pensava davvero, ma faceva poco differenza se non si decideva a mostrarsi.
«Sei intenzionato a mostrarti, signore, o devo trovare il modo per fartelo fare?» Mi stavo spingendo un po’ troppo in la… questa poteva essere intesa come una minaccia bella e buona ed ancora non sapevo nulla di lui. «Pensi di essere in grado di costringermi a farlo, davvero?» Il tono era genuinamente sorpreso, non mi stava sfottendo, era davvero stranito che io pensassi davvero di poterci riuscire.
Ci fu silenzio per un po’ e non sapevo come interpretarlo: si preparava allo scontro ? Semplicemente mi aveva preso per borioso e se n’era andato ? Che potevo fare? Mentre le domande mi sciorinavano nella mente riprese a parlare: «Facciamo così giovane Maestro del Mattino, parliamo, conosciamoci meglio e deciderò se puoi vedermi o meno e tu deciderai se avviare la caccia o meno. Ti sta bene?»
Era stato furbo: mi aveva messo con le spalle al muro. Aveva offerto di conoscersi chiacchierando, quindi non in modo aggressivo ed aveva lasciato a me la scelta se dargli la caccia meno. Così se avessi deciso di dargli la caccia la figura del cattivo la facevo io. Non avevo scelta se non accettare: «E sia signore, chiacchieriamo e conosciamoci, magari alla fine diverremo amici». Nell’aria si senti solo un «Si magari» in lontananza.
Passammo tutta la notte chiacchierando, del mio addestramento, della sua lunga vita vissuta in questo modo effimero, entrambi sulla difensiva comunque quindi entrambi ben attenti a non dire qualcosa di troppo che mettesse in vantaggio l’altro.
Era interessante, ma stancante dover stare costantemente attenti a cosa si diceva. I primi raggi del mattino arrivarono lesti dorando il boschetto in cui ci eravamo ritirati. «È giunta l’ora di salutarsi per ora» mi disse il mio ospite. «Vero, io devo tornare a casa e prepararmi per il lavoro… sai per noi mortali l’onere del procurarsi il pasto lavorando esiste ancora.
Fece di nuovo quella risata cristallina che avevo notato già più volte nella nottata trascorsa. Una risata così non poteva venire da un essere malvagio, ma poteva essere anche voluta per ingannarmi ì: nonostante la nottata passata a parlare ancora di lui non sapevo molto.
«Allora permettimi di farti raggiungere casa più in fretta così avrai più tempo per prepararti al lavoro» e prima ancora che rispondessi l’aria intorno a me per un attimo si fece densa come l’acqua e tutto traballò come guardando il fondo di un fiume attraverso un vetro.
Quando la sensazione passò, non più di un secondo dopo che era iniziata ero davanti casa, con la macchina parcheggiata al suo posto. «Non ti ho portato direttamente in casa perché immagino che avrai diverse difese attive nell’immobile e vorrei evitarle» potevo immaginarlo che sghignazzava mentre lo diceva. «In effetti» gli risposti «non sarebbe stato un bell’ingresso senza averle disattivate prima: saggia mossa la tua.»
Come si salutava una persona/entità con cui avevi parlato tutta notte ma di cui non avevi la minima idea di che aspetto avesse? Fortunatamente mi tolse lui dall’impiccio. «Se vorrai ancora conversare con me mi trovi sempre li per altri due giorni, altrimenti il mese prossimo.»
«Sicuramente stasera sarò li a cercare la tua compagnia» gli risposi, ma non fui certo che avesse sentito cosa avevo detto, perché un attimo dopo avevo la netta sensazione che non fosse più li con me. Entrai in casa e mi feci una doccia… avevo poco tempo per cambiarmi e raggiungere l’ufficio.
Le due sere successive le passai i sua compagnia, ed il mese successivo ancora, ma per quanto si parlasse non mostrava senno di volersi mostrare fisicamente così un giorno, di qualche mese dopo il primo incontro, mi lanciai senza preavviso.
«Certo che è strano: quando hai un aspetto fisico lasci delle orme di ovino, mentre chi ti vede ti scambia per un orso. Ma assumi diversi aspetti a secondo di chi incontri?». Silenzio per qualche minuto poi mi rispose: «Come mai il mio aspetto fisico ha così importanza per te?» Bella domanda mi dissi, domandandomi se essere sincero a quel punto o meno e la decisione arrivò fulminea:
«Beh sai è un po’ che ci frequentiamo, ed avere un idea di come sei non mi spiacerebbe.» Altro silenzio di qualche minuto e poi: «Perché l’aspetto ti direbbe di me qualcosa in più rispetto a quanto sai ora? Ossia se sono un demone o solo una entità di qualche genere?» In effetti non aveva sbagliato di molto, mi scocciava averci passato tanto tempo insieme e non avere ancora idea di se e quanto pericoloso potesse essere. Ma ero anche solo curioso di capire che aspetto avesse, per pura curiosità.
Per cui decisi di essere di nuovo sincero con lui: «In realtà sono più che altro curioso di capire che aspetto hai, e si, anche di capire se tu possa diventare o meno pericoloso. Anche se sono convinto di no: fino ad ora più che spaventarsi per la tua improvvisa apparizione non hai fatto, quindi ne deduco che non sei qui per fare male ai mortali solo per il gusto di farlo, anche se non escludo che ne saresti in grado se davvero volessi.»
Una brezza improvvisa accompagnò la sua risata, ornai nota, «Beh si diciamo che se volessi potrei farne di danni, ma in realtà non ne ho più interesse: prendersela con i mortali non è divertente alla fin fine: non sono all’altezza di reagire al mio livello per cui alla fine è diventato noioso»
Silenzio di nuovo, ma questa volta da parte di entrambi: eravamo tutti e due presi dai nostro pensieri. All’improvviso notai che l’aria difronte a me cominciava a luccicare, era come se ci fosse della polvere d’oro sospesa nell’aria, ma più passava il tempo e più prendeva una forma precisa. Immaginai che avesse deciso di mostrarsi alla fine, così tacqui ed attesi che la forma che si stava materializzando diventasse qualcosa di sensato prima di parlare. Non ci volle molto, si e no una trentina di secondi ed alla fine difronte a me avevo quello che poteva assomigliare ad un fauno: corpo umano gambe da ovino, piccole corna in testa.
Stavo per dire qualcosa quando di novo l’aira cominciò a brillare nuovamente ma questa volta fu come una carrellata di figure una dopo l’altra di animali come orsi, lupi, tigri inframezzate da immagini di figure meno umane come Salamandre, Troll, Gnomi, Stregoni ed altro ancora.
L’aria balugino ancora fino a diventare molto intensa e poi nulla.. di nuovo il vuoto. «Ecco adesso sai come sono» era percepibile che fosse divertito dal suo tono di voce. «Quindi può assumere forme diverse, d’accordo, ma una di quelle era la tua vera forma ? «Ahhh è passato così tanto tempo che non ricordo nemmeno quale fosse la mia forma iniziale.»
Quindi si trattava di uno spirito antico, molto antico. Probabilmente un elementale. «Io invece ho solo questa di forma per cui non faresti difficoltà a riconoscermi ovunque mi incontrassi» dissi, questa volta usando io un tono scherzoso. «Non fare il furbo con me» mi rispose, «so che sai attingere a incantesimi di trasformazione.» Gli risposi quasi un po’ scocciato «vero, ma e diverso dal poter assumere qualsiasi forma come può fare un elementale».
Avevo lanciato l’amo, adesso era da vedere se abboccava o meno, cosa che sinceramente non mi aspettavo più di tanto ed in effetti la sua risposta fu al solito evasiva: «Vero anche gli elementali sanno farlo, come diverse entità che conosco».
D’accordo pensai tra me e me, se non vuole sbilanciarsi, mi sta bene: tutto sommato non aveva fatto male a nessuno che io sapessi per cui non avevo motivo di mettermi a caccia. Quando e se avesse voluto dirmelo lo avrebbe fatto, io non sarei più tornato sull’argomento, anche per non fare la figura di quello che moriva se non sapeva.
«Posso chiedere dove vai di bello quando lasci questa zona dopo la luna piena?» Cambiai argomento senza preavviso, ma lui si adattò subito a giudicare dalla risposta: «in giro , mi piace viaggiare, conoscere, incontrare, rivedere amici di vecchia data. Non ho una destinazione fissa, vado dopo mi porta il momento.» E di nuovo aveva detto tutto e nulla, ma ormai ci avevo fatto l’abitudine per cui non me la prendevo più per queste risposte evasive.
«Comunque» aggiunse, «visto che ormai possiamo consideraci non dico amici, ma conoscenti, avessi bisogno, puoi usare quello che hai in mano per chiamarmi.» In mano ero certo di non avere nulla, ma appena la guardai vidi un piccolo oggetto di un metallo che poteva essere argento o platino: un piccolo cerchio con tre punte curve disposte regolarmente intorno. «Basta che lo tieni in mano e mi pensi intensamente e sentirò che mi stai cercando ed arriverò quanto prima.»
Lo reputai un onore avere un legame con lui, di norma questo genere di entità non si legano con i mortali, figuriamoci dare loro il modo di chiamarli!!
«Grazie, vedrò di non abusarne.» Immagino che avrai un nome, ma che non mi servirà saperlo per invocarti.» gli dissi, e lui rispose confermando quanto avevo detto. Ci avevo provato e mi era andata male: se fosse andata bene magari si lasciava sfuggire il suo vero nome, ma sarebbe stato un errore decisamente da principiante e di certo lui non ci sarebbe cascato!
Così, per un bel po’ restai con la mia curiosità: il nome sarebbe arrivato con il tempo, ma ce ne vollero di nottate passate a chiacchierare o passate insieme a dare la caccia a demoni o stregoni, ma questa è tutta un’altra storia !!