Cap. 16 – I Vampiri Non Esistono!!!!


by Pedro Lastra on Unsplash


Ma altro si aggira dopo il tramonto nelle nostre città.


Stavo cenando e, distrattamente, ascoltavo le notizie del telegiornale locale quando qualcosa attirò la mia attenzione: «Altro caso di giovane trovato in forte stato confusionale nella periferia della città.» Il servizio riportava che, come nei casi precedenti, il ragazzo non sapeva spiegare cosa gli fosse accaduto. Fatti gli esami del caso, le forze dell’ordine avevano escluso che il ragazzo fosse sotto l’effetto di qualsiasi tipo di droga o psicofarmaco. Infine i medici, come nei casi precedenti, non riuscivano a spiegare l’amnesia che coinvolgeva i ricordi degli ultimi 2/3 giorni.

Una notizia come tante, ma per qualche motivo aveva attirato la mia attenzione e non riuscivo a capire perché lì per lì: sembrava uno dei tanti casi di cronaca locale, più o meno strana d’accordo, ma nulla di più. Eppure la mente continuava a portarmi lì: un motivo doveva esserci, e lo sapevo, per esperienza, che quando il mio cervello si focalizzava da solo su qualcosa, un motivo, alla fine, c’era sempre. Aspettai la replica del servizio e presi nota del nome e cognome del ragazzo, presi il telefono e chiamai un mio contatto al comando dei Carabinieri della mia città: «Ciao Mauro, sono io» dall’altra parte non ci fu alcuna sorpresa nel tono, pur non sentendoci da molto tempo; «mi serve un’informazione: la lista, con relativi indirizzi e telefoni, di tutti i ragazzi inclusi in quella lista di gente trovata a vagare senza ricordi. Se riesci anche le loro cartelle cliniche, in particolare gli esami del sangue.» non ci fu curiosità nel tono della risposta: «Appena ho tutto, ti richiamo io. Ciao.»

La mancanza di curiosità non era poi tanto strana: Mauro mi aveva visto all’opera, salvando sua sorella da una maledizione lanciatale da una fattucchiera locale, che lo faceva per soldi. Non solo avevo liberato la sorella di Mauro, ma avevo anche fatto i modo che la fattucchiera non si azzardasse mai più a fare cose del genere. Alla visione della sorella liberata da quel maleficio, con gli effetti immediati fisici su di lei, Mauro mi disse solo: «Non so chi tu sia, ne voglio indagare in questo senso, ma se avrai bisogno, in futuro, per aiutare qualcuno, in qualunque modo possa esserti di aiuto, devi solo chiamarmi e farò tuto quello che sarà in mio potere per farlo.» E così da quel giorno, quando mi servivano informazioni, Mauro sapeva che gliele chiedevo perché stavo aiutando qualcuno, come avevo fatto per la sorella, e mi procurava quello che gli era umanamente possibile trovare senza pormi domande.

Il giorno dopo, durante la pausa pranzo mi arrivò un messaggio sul cellulare da Mauro con un breve, ma sufficientemente chiaro, messaggio: «Fatto.» Voleva dire che aveva spedito ad una caselle anonima, che gli avevo creato, il materiale che avevo chiesto: benedetta tecnologia!!! Chiamai il capo e gli dissi che mi prendevo il pomeriggio di permesso, capì che non glielo stavo chiedendo, ma acconsentì, così mi diressi velocemente verso casa ed appena arrivato, mi misi al computer. Avviai le procedure di sicurezza per leggere quella mail: vero era che l’avevo creata per proteggere Mauro dall’essere rintracciato, ma perché lasciare tracce mie, su quella casella, quando potevo evitare di farlo?

La mail non aveva, ovviamente alcun testo, solo una lunga serie di allegati, quasi tutti in formato pdf; ma i nomi dei file erano auto esplicativi, del tipo ‘01012015 – Nome Cognome’ così potevo leggerli nell’ordine temporale corretto.

I ragazzi coinvolti erano sette, e le date erano tutte a distanza di sette giorni esatti. Quindi questa cosa stava accadendo da quasi due mesi, con cadenza settimanale precisa. Il che già escludeva la casualità negli episodi. Qualunque fosse l’origine, era una situazione studiata con cadenza, studiata o necessaria, settimanalmente. Scorsi in nomi e le rispettive età dei ragazzi e venne fuori che 5 erano ragazzi e 2 ragazze e che l’età variava dai 17 ai 21 anni. Quindi riguardava giovani, per lo più studenti. Controllai gli indirizzi: nessuno della stessa zona, quindi non scelti a caso, altrimenti su sette, almeno due, avrebbero potuto essere, statisticamente, di zone vicine ed invece era come se qualcuno/qualcosa cercasse di non attirare l’attenzione, solo che con me non aveva funzionato: aveva attirato la mia attenzione, eccome. A dire il vero dal verbale, sull’ultimo ragazzo ritrovato, anche agli investigatori non erano sfuggite, né le date, né le età; quindi anche loro stavano iniziando a cercare qualcosa di più specifico, sebbene l’amnesia dei ragazzi rendeva molto complicato ottenere informazioni.

Cercai, nella lista, qualcuno che abitasse dall’altra parte della città: non volevo incrociare qualcuno che magari mi riconoscesse per strada perché del quartiere. C’era un ragazzo, diciottenne, che abitava nella zona ovest, proprio quella opposta alla mia, della città. Si chiamava Dario, studente al liceo, niente infrazioni o note dei carabinieri. Mi segnai l’indirizzo e uscii a prendere la macchina, dirigendomi verso quella zona della città. Adesso restava il problema di come avvicinarlo, valicando la barriera che, quasi sicuramente, la famiglia aveva innalzato intorno al giovanotto, per proteggerlo dal clamore mediatico del suo caso, ed anche in virtù del fatto che l’amnesia lo rendeva comunque debole psicologicamente.

Psicologicamente… ummm buona idea!!! Avevo un piano, tra l’altro richiedeva l’aiuto di Mauro, così lo chiami al cellulare spiegandogli la mia idea. Un qualsiasi altro carabiniere mi avrebbe dato del matto, ma visto che fu la stessa cosa che feci con sua sorella, capì che poteva funzionare. «D’accordo: li chiamo subito;» fu il suo solo commento. D’altronde avvisare la famiglia che stava arrivando uno psicologo, del tribunale, era una buona idea, salvo che contrariamente al caso di Mauro non avrei dovuto fare il giochetto che avevo fatto, con lui, di mostrare una tessera di una biblioteca spacciandola per una tessera di altro tipo per poter parlare con la ragazza. Chiaro avevo fatto un incantesimo di distrazione prima sul documento, così che Mauro non stesse a guardarlo con troppa attenzione.

Il mio piano funzionò: mi accolsero in casa senza fare problemi, dando per scontato che visto la situazione di amnesia, uno psicologo era giustificato. Chiesi di lasciarmi parlare con Dario da solo «capite, per metterlo più a suo agio.» I genitori non trovarono nulla di strano in questa mia richiesta, per cui uscirono dalla stanza del ragazzo, lasciandomi solo con lui. «Allora Dario, te lo avranno già chiesto, ma sono costretto a chiedertelo nuovamente: non ricordi proprio nulla di quel pomeriggio dopo che sei uscito dal bari vicino alla scuola?» Apparentemente la domanda non gli fece nessun effetto, ma tenendo d’occhio la sua aura notai, immediatamente, un alone oscuro avvolgerlo, come ad impedirgli di dare il giusto peso alla mia domanda. Avevo ragione: c’era qualcosa che non andava e non era un caso ordinario, ma qualcosa di occulto che interagiva con Dario. «No, ricordo di aver terminato le lezioni, di essere andato al bar con gli amici, abbiamo bevuto una coca, scambiato alcuni appunti e poi sono uscito per tornare a casa, ma da quando sono uscito in strada, dal bar, non riesco a ricordare più nulla sino al momento in cui, ricordo, un carabiniere in divisa che mi chiedeva come mi chiamavo e se stavo bene.»

Quindi qualunque cosa fosse successa era accaduta fuori di casa. Questo complicava la questione perché il ventaglio di possibilità, appena fuori dalle mura domestiche, aumentavano esponenzialmente. Al bar c’era una pletora di amici, di conoscenti e di compagno di classe. Fuori dal bar ci poteva essere chiunque. «Hai mai partecipato ad una sessione di ipnosi Dario?» Gli chiesi a bruciapelo. Di nuovo lui mi rispose con tranquillità che non l’aveva mai fatto. «Ti spiacerebbe se ti ipnotizzassi così da vedere se riusciamo a ripescare i ricordi in qualche maniera indiretta?» L’aura riprese un colore oscuro, forse ancora più scuro di prima. Forse ci stavo arrivando: sembrava che qualcuno, o qualcosa, non volesse che arrivassi a quei ricordi.

Gli spiegai la procedura dell’ipnosi tradizionale, non avvisandolo che invece avrei usato la metodologia veloce: più aggressiva, ma più efficace nell’impedire di mascherare i ricordi inconsciamente. Eravamo in piedi a fianco al suo letto, senza preavviso gli presi la testa tra le mani appoggiando i pollici nella zona tra le sopracciglia, e cambiai tattica, invece dell’ipnosi gli feci un incantesimo di rivelazione. Lo feci sdraiare sul suo letto e domandai cosa si ricordava tra il momento in cui era uscito dal bar e il momento in cui i ricordi svanivano. L’aura si fece rosso intenso cercando di frenare l’incantesimo, ma chi stava operando non era li con noi, per cui avevo il vantaggio di poter imprimere maggiore potenza al mio, così da averla vinta. E così fu: Dario mi descrisse l’azione di aprire la porta del bar per uscire, e la sensazione che qualcuno lo stesse osservando. Era solo una sensazione, ma la ricordava solo ora, per quello non ne aveva parlato con i carabinieri.

«Ma alla fine Dario, hai visto chi era che ti osservava?» Dario ebbe un brivido, e la voce era un sussurro: «era come… non so spiegarlo… non era li davvero, era qualcosa che mi girava attorno.» A quel punto iniziò ad agitarsi toccandosi la nuca, si agitava sempre di più iniziando a fare rumore: dovevo calmarlo o i genitori sarebbero piombati nella stanza per vedere che stesse succedendo. Lo presi per mano chiedendo di descrivermi cosa stesse vedendo: la risposta mi fece raggelare il sangue nelle vene. «Un’ombra scura attaccata alla mia nuca. Sento come se l’energia mi venisse prosciugata, sono sempre più debole, mi gira tutto intorno, non riesco più a stare in piedi.» Capii che era troppo agitato, a quel punto, ed io avevo sentito abbastanza per capire quello che c’era da capire. Ruppi l’incantesimo e Dario si rilassò immediatamente disteso sul letto piombando in un sonno ristoratore di cui aveva sicuramente bisogno.

Uscii dalla stanza spiegando ai genitori che avevamo fatto una sessione di ipnosi e che adesso il ragazzo si stava riposando un po’ e che era meglio lasciarlo dormire qualche ora. Mi chiesero ovviamente cosa avessi ottenuto e mi piangeva il cuore dover mentire loro, ma non potevano sapere la verità per cui spiegai loro che l’amnesia era più profonda di quanto non si pensasse inizialmente per cui, al momento non era possibile raggiungere i suoi ricordi. «Forse, un giorno, ricompariranno, forse mai; è difficile dirlo. Per quanto sappiamo del cervello umano, e ne sappiamo ancora così poco.» Mentii fingendo rammarico. «Però sono certo che non è un amnesia difensiva: vostro figlio non ha cancellato i ricordi perché troppo negativi, probabilmente ha subito un colpo o una scarica elettrica.»

Anche questo sarà difficile da capire nel breve periodo. «Ma state tranquilli» mentii spudoratamente «il cervello è un organo prodigioso, quando si tratta di memoria, prima o poi quei ricordi salteranno fuori statene quasi tranquilli.» Fecero un sospiro di sollievo, specialmente la madre, e mi ringraziarono per l’aiuto dato al povero Dario. Me ne andai il più in fretta possibile: mi sentivo a disagio nel dover raccontare tutte quelle fandonie, ma dovevo proteggere, oltre a Dario, anche loro, dalla verità.

Avevo visto in casa oggetti che indicavano chiaramente una famiglia religiosa e praticante: non potevo mettermi a parlare di entità oscure che vivono dell’energia degli umani, sottraendola per qualità e potenza, ai più giovani, ma cancellando loro, al contempo, la memoria di ciò che era successo. Dario era stato prosciugato. Nella mia città si stava aggirando un prosciugatore!! Erano anni che nella nostra zona non se ne sentiva parlare più. Si credeva si fossero trasferiti al nord, cibandosi di persone che vivono in zone isolate, così che fosse più difficile rendersi conto di cosa stavano facendo. Che diamine era venuto a fare nella mia città un prosciugatore???

Gli umani, avendo incrociato molte volte, nella storia, questi soggetti, avevano inventato la leggenda dei vampiri: soggetti sovrannaturali cattivi, per lo più, che popolavano romanzi e produzioni cinematografiche di più o meno buona qualità. L’essere umano ha sempre fatto così: quando incontra qualcosa che non capisce, ci crea qualcosa sopra, che possa dare una spiegazione, per quanto romanzata, del fatto. Era successo con i vampiri, i mannari e tante altre figure usate per vendere romanzi, che poco avevano a che fare con la realtà dei fatti.

I prosciugatori esistevano da quando esisteva la magia, almeno dai rapporti riportati dalle antiche cronache, sembrando quasi una conseguenza della magia stessa. Come dico sempre, non esiste la magia bianca o quella nera: è l’uso che se ne fa, a renderla di un tipo o dell’altro. Come i personaggi romanzati, creati dai mortali, un prosciugatore aveva come unico metodo di sostentamento l’energia degli altri. Fortunatamente non con la cadenza che regola la fame dell’essere umano: un prosciugatore poteva sopravvivere bene cibandosi circa una volta al mese, e questo mi rendeva più complicato capire perché gli attacchi adesso avessero una cadenza settimanale.

Le due supposizioni principali che feci erano: la prima, che un prosciugatore, per qualche motivo, avesse bisogno di cibarsi più frequentemente degli altri componenti della sua specie; la seconda, e questa mi spaventava di più, era che non ci fosse solo un prosciugatore in circolazione, ma più di loro che, nel vano tentativo di non farsi notare, si cibavano alternandosi, senza però rendersi conto che la cadenza settimanale, per qualunque persona conoscesse la loro esistenza, era un indizio rilevatore della loro presenza.

Mentre pensavo a tutte queste cose, il mio cervello mi stava guidando in collina: avevo bisogno di confrontarmi con la Creatura delle Colline su questa faccenda: la sua età lo rendeva un’enciclopedia vivente, si fa per dire vivente, sulle arti occulte, per cui sicuramente, in qualche modo, poteva essermi di aiuto. Una volta raggiunto il solito parcheggio, feci giusto in tempo a spegnere il motore che mi raggiunse: «che fai qui in pieno giorno Maestro del Mattino? Non è nostra consuetudine incontrarci alla luce del sole!!» Dal tono di voce non era arrabbiato o offeso, ma sembrava sinceramente preoccupato per questa visita fuori dagli orari canonici dei nostri frequenti incontri.

«Questa città, al momento, ha un grosso problema;» iniziai senza i soliti saluti cerimoniali, «uno o più prosciugatori si stanno aggirando e nutrendo da circa due mesi, e solo ora ne vengo a conoscenza.»

«Ne sei certo, Maestro del Mattino? Sono stati dispersi all’estremo nord e sud molto tempo fa e da allora non si sono più fatti vedere a queste parti.» Gli trasmisi i miei ricordi dell’incontro con Dario, e tutti i dati che Mauro mi aveva procurato così da sveltire la discussione. «Beh si, da quanto mi dici sembrerebbe proprio l’opera di uno o più prosciugatori, non c’è dubbio!» Mi rispose la Creatura delle Colline con un tono che potrei addirittura dire allarmato, cosa decisamente strana per lui. «Quindi come pensi di intervenire Maestro del Mattino?» Faceva presto lui a chiedere un piano, dopo appena trenta minuti che avevo scoperto la cosa, e solo dopo che lui stesso mi aveva dato conferma dei miei sospetti.

«Non lo so ancora Signore: devo capire se prima capire quanti siano, oppure prima cercare dove si nascondano, sempre che si nascondano: ricordo di aver letto che ai tempi in cui vivevano tra noi, spesso nemmeno si nascondevano, ma vivevano tra i mortali come se fossero umani loro stessi.»

«É vero, Maestro del Mattino» mi rispose la Creatura delle Colline, «ma ricorda quanta energia richiede loro tenere una apparenza umana: non possono farlo a tempo indeterminato o finiranno per consumare tutte le loro riserve di energia, e sai benissimo cosa succede, contrariamente ai mortali, quando essi non hanno più forze.» La Creatura delle Colline si riferiva al fatto che un prosciugatore poteva immagazzinare, molta energia, ma contrariamente agli umani, quando scendevano sotto una certa soglia di riserva, andavano in letargo in attesa di momenti migliori per cacciare.

Se poi, per qualsiasi motivo, un prosciugatore ignorava il fatto di entrare in riserva di energia, poteva morire se consumava tutta quella che gli restava. Di solito entravano in letargo quando restava loro energia a sufficienza per un solo attacco, così da poter essere certi di sopravvivere al loro risveglio. Contrariamente allo stato di letargo animale il loro era cosciente: potevano sentire quello che accadeva intorno a loro, sebbene entro certi limiti, per cui se qualcuno li scopriva in quello stato, diventava automaticamente la preda ideale costringendoli al risveglio, immediato e non progressivo, come capita agli animali come gli orsi.

A differenza della loro controparte romanzata, non avevano necessità particolari per un posto dove ibernarsi: andava bene una grotta, come una cantina o un appartamento. Inoltre non avevano problemi con il sole, per cui erano liberi di aggirarsi in qualunque orario del giorno o della notte: altra complicazione per chiunque dava loro la caccia. Inoltre uccidere un prosciugatore non era cosa facile, che io sapessi non c’erano notizie che qualcuno ci fosse mai riuscito. Teoricamente l’unico modo era costringerli ad usare tutta la loro energia fino a consumarsi da soli. Chi li cacciava, in passato, di solito preferiva costringerli al letargo, usando poi un incantesimo affinché non potessero più svegliarsi. Questo rendeva il nostro mondo un serbatoio, quasi inesauribile, di corpi di prosciugatori, disposti per tutto il globo, in stato di ibernazione dalla quale, chi conoscesse la giusta magia, poteva risvegliarli.

Questa cosa rendeva possibile una situazione preoccupante: qualcuno poteva pensare di crearsi un proprio esercito, o quanto meno squadra della morte, di prosciugatori risvegliati: chi liberava un prosciugatore diventava loro padrone, sino al momento in cui morisse o li lasciasse volutamente liberi. Ultima cosa non corrispondente alle loro controparti romanzate, era che non potevano generare un loro discendente.

I vampiri di Bram Stoker possono creare una progenie mordendo un umano e donando alla vittima il proprio sangue. Per i prosciugatori questo non era vero. Una persona nasceva con quel gene dormiente, che si svegliava appena terminata la pubertà. Chiaramente quale fosse quel gene mutato e perché si attivava solo in un momento specifico della propria crescita, non era mai stato soggetto di studio da parte di medici, visto che, di certo, i prosciugatori non andavano in giro a farsi pubblicità.

Quindi: o ero in presenza di uno prosciugatore giovane, nel senso di questa generazione, oppure, caso peggiore, qualcuno aveva destato un prosciugatore, sopravvivendogli e quindi avendolo in suo poter per fargli fare quello che gli pareva; e questa era una cosa che dovevo scoprire, quanto prima, perché le due possibilità davano vita a due scenari completamente diversi da affrontare.

Decisi di chiedere aiuto tramite la divinazione, di solito ottenevo buoni risultati attraverso diverse metodologie: I Ching, tarocchi, rune, fondi di caffè… dipendeva molto da cosa mi spingeva a chiedere aiuto ed a cosa, in quel momento, l’istinto mi portava a scegliere. Decisi di usare le rune perché il metodo delle sette rune cadeva a fagiolo: con sette rune si vedono gli avvenimenti accaduti nel passato e ciò che avverrà nel futuro. Il futuro non è altro, in fondo, che la reazione ad una azione fatta in precedenza.

Ad azione corrisponde sempre una reazione. Vanno lette in questo modo: la prima e seconda indicano una questione, la terza e quarta quarta sono i fattori del passato che ne sono la causa mentre, la quinta e sesta sesta, sono rune di avviso, che ci aiutano a modificare le cose sulle quali si deve intervenire. La settima runa ci da, poi, il risultato. In base a quanto si apprende sappiamo come ci dobbiamo muovere.

Stesi un panno di tessuto nero sulla solita pietra che usavo come altare durante i riti, presi il sacchetto delle rune e lo agitai a lungo mentre pensavo alla situazione. Estrassi sette rune disponendole in modo di averne due per riga e la settima da sola: mi risultava più facile così leggerle per quello che erano, senza che la runa a fianco della seconda, quarta o sesta mi disturbassero la lettura delle stesse.

Le prime due mi confermarono che avevo a che fare con un prosciugatore, è questo era già qualcosa: se avessi sbagliato tutto sin dall’inizio sarebbe stato imbarazzante!! La terza e quarta runa, erano a faccia in giù: quindi non c’erano legami con il passato. Era un nuovo prosciugatore. Cosa buona anche questa: non aveva avuto ancora tempo per poter accumulare troppa conoscenza magica, ne esperienza nel nascondersi, essendo la sua prima caccia. La terza riga, o meglio la quinta e sesta runa, furono quelle che mi piacquero meno di tutto il lancio: Fehu con Ehiwaz. La prima confermava l’evoluzione, ossia che la cosa non si sarebbe fermata per scelta sua, mentre Ehiwaz confermava che non era stato ‘resuscitato’ ossia svegliato per sbaglio o volutamente: quindi era un nuovo nato.

A rendere la divinazione ancora meno consolante, l’ultima runa era neutra: non indicava ne vittoria ne sconfitta. Grazie mille!!!

Con queste nuove informazioni decisi di verificare di nuovo i dati avuti da Mauro, per capire se queste vittime avessero qualcosa, in comune, che li legasse: palestra, biblioteca, bar, discoteca o qualunque cosa che potesse darmi un’idea di dove trovare il prosciugatore all’opera. Sfortunatamente le informazioni erano tutte in documenti PDF, non un archivio in cui sarebbe stato molto più veloce fare ricerche incrociate, ma dovevo accontentarmi: già Mauro rischiava, molto, a farmi avere quelle informazioni, anche come semplici documenti digitali, di certo non potevo lamentarmi con lui perché non mi forniva i dati in modo più facile per me da usare.

Così decisi di fare io l’archivio. Mi ci vollero un paio di ore per creare un database e caricare tutti i dati che avevo dei ragazzi. A quel punto cominciai a fare ricerca, sia semplici che incrociate, ed alla fine saltò fuori quello che cercavo: un bar. Era un bar in centro, guardando la vetrina tramite Streets di Google non era un locale particolare, ma un bar come migliaia in città.

Il giorno successivo era sabato, così ne approfittai per andare al bar per vedere che aria tirava, con la scusa di fare colazione. Appena arrivato davanti l’ingresso non ebbi alcun sentore di stranezze: una comune vetrina con un’apertura per vendere gelati d’estate, un banco lungo quasi quanto la profondità del bar stesso. Niente odori di alcolici, quindi li dentro non se ne vendevano tanti, e non mi stupiva visto che sembrava il classico bar da studenti, come ce n’erano a decine intorno la zona universitaria.

Fu appena entrato che scattarono parte delle mie protezioni; stranamente erano quelle a protezione fisica. Quindi avevano individuato qualcosa/qualcuno che poteva attaccarmi fisicamente, il che visto chi stavo cercando, non era affatto strano. Purtroppo erano le 9 di mattina, di un sabato, per cui c’erano pochi avventori. Per non dare troppo nell’occhio feci un incantesimo di distrazione: la gente mi avrebbe visto si, ma non avrebbe fatto caso a me salvo non avessi interagito con loro direttamente, per il resto avrebbero avuto la sensazione di vedermi, ma se qualcuno avesse chiesto loro come ero, come apparivo, non sarebbero stati in grado di dirlo. Era un incantesimo molto comodo, quando si indagava in locali frequentati da molti avventori e non si volevano lasciare tracce della propria indagine.

Chiamai da parte il barista, che scoprii essere anche il titolare: un ragazzo sui 35 anni, alto, piuttosto in carne, carnagione giallognola, tipica dell’esposizione alle lampade solari, e capelli nero corvo, ad indicare una qualche goccia di sangue meridionale. Apersi la cartelletta che avevo con me e gli chiesi se conosceva uno, o più, dei ragazzi nelle foto che gli stavo mostrando.

Praticamente riconobbe tutti, aveva ricordi più vividi dei ragazzi, cosa normale, visto che tendono ad interagire di più con il barista, rispetto alle ragazze, ma di quest’ultime aveva ricordi più vividi perché chiaramente le aveva studiate bene, visto che tutto sommato erano ragazze carine. Mi disse anche che ultimamente alcuni non si vedevano più, ma non ci aveva fatto caso più di tanto, perché essendo zona universitaria un sacco di ragazzi lasciavano i corsi, per i più svariati motivi, e quindi sparivano dalla circolazione di punto in bianco. Di uno però ricordava che gli mancava poco ad arrivare alla laurea triennale, e che si in quel caso gli era parso strano che avesse mollato e fosse, conseguentemente, sparito dalla circolazione.

Per il resto no sapeva dirmi molto: non ricordava, ovviamente, che facoltà frequentassero, a che anno fossero, in compenso ricordava molto bene le loro ordinazioni abituali, il che ci stava, visto che era il suo mestiere. Stavo per chiedergli se avesse notato qualcuno che fosse in contatto con tuti loro e solo con loro, ma mi resi conto che la domanda era troppo azzardata. Me lo immaginavo alle 8 di mattina con 100/150 ragazzi stipati nel locale e di certo non badava alle interazioni sociali che i ragazzi avevano in corso; non valeva la pena nemmeno di provarci.

Ma fu allora che al barista venne in mente una fatto che, secondo lui, meritava di essere riportato: «sai come sono i ragazzi di oggi, ormai pare siano tutti interessati solo al sesso e non importa se con ragazzi o ragazze» anticipò, come a dirmi di non sorprendermi per quello che stava per dirmi. «In effetti c’e’ stato un ragazzo che inizialmente faceva il filo ad una di quelle due ragazze» continuò indicando la cartelletta che gli avevo mostrato prima, «nulla di strano: qui dentro se non stai attento te li trovi a fare sesso nei bagni!!

Ci ho fatto caso quando la settimana dopo, invece ha iniziato a provarci con uno dei ragazzi li sopra;» sempre indicando la cartelletta. «Non che io ci faccia caso se siano gay, etero o bsx, però guardandolo all’opera mi son detto che sti benedetti ragazzi proprio non si fanno mancare nulla!!» Era chiaro che non voleva essere tacciato per bigotto che ce l’avesse con i gay o i bsx o con i semplici dudes, ma la cosa personalmente proprio non mi interessava in quel momento. «E come è andata a finire col ragazzo della settimana dopo?» Lo incalzai, sperando che il suo improvviso ritorno di memoria fosse più parco di particolari.

«Beh me lo ricordo bene: non è un bel ragazzo nel senso classico: alto molto magro, carnagione quasi bianca, biondo con occhi verdi molto intensi.» In effetti la descrizione calzava a pennello: a parte rari casi si prosciugatori erano tuti biondi o rossi di capelli e con una carnagione molto chiara dovuto un po’ al foto tipo, un po’ al fatto che tendevano a vivere più all’ombra o al buio: era piuttosto raro che si muovessero di giorno per ovvi motivi: cacciare di giorno era molto più complicato che non farlo all’imbrunire, o al buio della notte. «Comunque come ebbe fortuna con la ragazza, ne ha avuto anche con lui: mi ricordo che sono andati via insieme già dalla prima volta, e non erano di certo diretti verso le facoltà!!» Concluse sogghignando, come a dire «ci siamo capiti vero, su dove andavano e a fare cosa!!»

Il poveretto non immaginava invece, a che fato, sia la ragazza che il ragazzo, fossero andati incontro. Avendo a che fare con un nuovo nato era di per se già una cosa molto poco probabile che sarebbero sopravvissuti al primo attacco, e le cronache non facevano che darmi ragione. I prosciugatori appena nati non sanno controllare la loro fame di energia per cui sono avidi, aggressivi e convinti che nessuno possa fermarli… poveri illusi. Chi sopravviveva al primo anno nella nuova condizione di prosciugatore, in quell’anno aveva imparato chi fossero i suoi nemici naturali e che fuggire era una costante per il loro modo di vivere.

Dovevano passare la maggior parte del loro tempo a cacciare ed a preparare diversi posti in cui ibernarsi quando serviva: era un impegno a tempo pieno. Era raro che un prosciugatore avesse una vita sociale o facesse grandi quantità di denaro in alcun modo. C’erano pochi casi di prosciugatori noti, non per quello che erano, ma perché erano risusciti ad avere successo in qualche attività lavorativa, spacciandosi per innocui, verso chi li cacciava. La loro fonte di cibo diventava allora, ufficialmente, un qualche animale che comunque non si prosciugava a morte per non arrecare danno al contadino che lo possedeva, e perché, anche, poteva tornare utile in una seconda occasione.

Ma in realtà erano pochi i prosciugatori che davvero facevano una vita ordinaria, con lavoro, spese da pagare e tutto quello che di solito comporta, ad un adulto, il vivere quotidiano. Erano pochi, ma ce n’erano di noti; se non altro perché avendo accettato di fare quel tipo di vita si erano fatti trovare da chi doveva e si facevano tenere costantemente d’occhio così da dimostrare che non erano un pericolo per i mortali.

Sapevo di uno che viveva in una città ad un centinaio di chilometri da me, e chissà come stava vivendo il fatto che, qualcuno appena nato, gli stava rovinando la zona, cacciando senza farsi problemi. Ringraziai il barista, lasciandogli il mio biglietto di vista: «Se dovessi rivederlo, chiamami subito, a qualunque ora succeda» gli dissi infilando il biglietto da visita in una banconota: «se me lo farai trovare ce ne saranno altre.» Il barista fece cenno di aver capito ed intascò banconota e biglietto cercando di non farsi vedere dai pochi clienti che erano presenti nel locale.

Me ne tornai a casa, pensando al modo in cui stava cacciando il nuovo nato: sicuramente era tipico di prosciugatori giovani, cacciare senza farsi problemi, di giorno, in mezzo alla gente. La sensazione di onnipotenza che avevano quando si cibavano gli faceva percepire un falso senso di impunità, e questo era spesso ciò che li condannava ad una ibernazione infinita. «Se vengo su adesso ti trovo?» Lanciai la richiesta verso la Creatura delle Colline in attesa di una improbabile risposta: raramente accettava contatti di giorno. «Si, Maestro del Mattino per oggi mi troverai, se vieni adesso.»

Diressi la macchina verso le colline, a est della città, e raggiunsi il solito punto di incontro; parcheggiai l’auto e mi diressi nel boschetto ignorando completamente tutti gli sportivi del pomeriggio che correvano, chi ansimando come un mantice perché fuori forma, chi a testa alta e petto in fuori per dimostrare quanto in forma fosse, sebbene a venderli tanto in forma non sembravano!! Altri più umanamente in compagnia, chiacchierando con chi li accompagnava, in quel percorso pomeridiano che procurava stanchezza e fatica.

Appena nel profondo del boschetto la Creatura delle Colline si fece viva: «di nuovo così fuori dai nostri abituali orari?». «Sapevi del prosciugatore vero?» Gli disse senza tanti preamboli. «Beh è ormai più di un mese che circola: se ne avevi sentore potevi avvisarmi, avremmo evitato qualche vittima, visto che ormai siamo arrivati a sette umani prosciugati, tre dei quali oltre il limite del ritorno.» Di norma un prosciugatore non assimilava del tutto le sue prede, sempre nell’ottica di poterne riutilizzare come fonte di cibo in un eventuale futuro. Ma i nuovi nati non sapevano controllarsi e spesso andavano oltre quello che viene definito punto di non ritorno.

Questo comportava che la vittima non si sarebbe svegliata con un’amnesia di qualche giorno, ma in condizioni quasi vegetative. Dipendeva da quanto a fondo era andato il prosciugatore nel cibarsi. Diciamo che da un limite della scala c’era un giovane apparentemente affetto da Alzheimer a stadio avanzato, dall’altra c’era un giovane ormai in stato vegetativo, per per altro non era più nemmeno buono come cibo per un prosciugatore!!

«Vuoi forse dire che è un nuovo nato, oppure è un succube?» Si riferiva al fatto che spingersi sino a rovinare la preda poteva essere o un nuovo nato o qualcuno svegliato e divenuto succube di chi l’aveva destato e costretto ad attaccare umani a discrezione del suo nuovo padrone. Era già successo in passato che malavitosi di grosso calibro avendo saputo della loro esistenza ne avevano approfittato per eliminare propri concorrenti in modo pulito, ossia non incriminabile, visto che non restavano mai segni di violenza fisica sulla preda. Solo chi era addentro la magia sapeva cosa fosse un prosciugatore, come operava e quale era la sua firma su una preda.

Dai dati che sono riuscito ad ottenere direi, quasi sicuramente, un nuovo nato: non si controlla, caccia di giorno, in mezzo alla gente, e si ciba, sempre di giorno. Nemmeno un succube maturo agirebbe con tanta stupidità!»

«Concordo Maestro del Mattino, quindi abbiamo un nuovo nato fuori controllo che gira per la nostra città.» Questo parlare al plurale mi lasciava spiazzato. Di norma la Creatura delle Colline parlava della sua città, di avere — non abbiamo — un problema. Insomma, nel bene e nel male, non condivideva le situazioni, mentre ora lo stava facendo. Cos’era questa novità dalla Creatura delle Colline??? Mi interruppe nelle mie considerazioni sul suo strano modo di fare: «Allora. Come pensi di risolvere la questione Maestro del Mattino? Sai che va risolta, ed in fretta o qualche altro umano ci andrà di mezzo!» Avevo sentito un tono di urgenza nel suo parlare?

Oggi la Creatura delle Colline stava diventando una fonte di sorprese continue: mai negli anni, da quando lo avevo conosciuto, si era mostrato con esigenze urgenti da soddisfare, mentre questa caccia sembrava preoccuparlo. «Posso chiederle, signore, come mai questa urgenza, a parte l’ovvia necessità di evitare altre vittime umane?» Silenzio… al solito… ancora non riuscivo a capire quando lo facesse per darsi un tono o quando, invece, realmente stava pensando a cose sue, che non intendeva condividere con me, quanto meno al momento. «Sette mortali assaliti nella mia città, senza che io me ne accorgessi è già grave, che poi debba intervenire tu, Maestro del Mattino, quando potrei aver risolto questa cosa sul nascere, mi turba.»

Non riuscivo a capire: molte altre volte lui mi aveva dato le imbeccate per fare il mio lavoro, e non se ne era mai lamentato, perché all’improvviso si rimproverava di aver perso tempo nell’intervenire? Davvero qualcosa lo stava turbando, ma vista la situazione non feci domande: sapevo, per esperienza, che se avesse voluto condividere suoi pensieri con me lo avrebbe fatto quando, secondo lui, sarebbe stato il momento giusto; per cui mi riconcentrai sul problema del prosciugatore.

«Ho una descrizione approssimativa, ma è troppo generica: si potrebbe applicare a 95% dei nuovi nati.» Gli dissi come rinfrescandomi a voce alta i dati che avevo. «Solo due ragazze colpite mentre 5 sono i ragazzi. Ah per di più pare che cacci sempre nella stessa zona: un bar della zona universitaria ed in pieno giorno, come ti dicevo prima.»

«Decisamente è un nuovo nato per essere così sfrontato: quando lo avrai localizzato quale delle due opzioni sceglierai?» Si riferiva al fatto che ai nuovi nati, spesso si dava una seconda possibilità. Il fatto di essere nuovi nati, se lo diventavano senza un mentore, era come accusare un cucciolo di felino di aver giocato con la propria preda. Senza mentore, un nuovo nato, non sapeva come comportarsi e, sopratutto, non sapeva che non viveva più in un tempo in cui certi atteggiamenti, come quello da predatore, erano accettabili.

Nel nostro secolo erano facilmente rintracciabili e fortemente punibili, da noi maghi. «Non credo gli darò una seconda possibilità Signore, ha già colpito troppe volte, e due di troppo: a fondo rendendo quei due poveretti dei gusci vuoti.» Mi riferivo ai due poveretti che non si sarebbero mai più ripresi perché il prosciugatore non si era fermato in tempo durante il suo pasto. «Concordo: nemmeno se fosse un succube avrebbe scusanti in effetti.» Si riferiva al fatto che nonostante il forte legame che l’essere succube ha di chi lo avesse svegliato, un prosciugatore poteva fare uno sforzo estremo a liberarsi del proprio carceriere, cibandosene: era vero che serviva una forza di volontà sovrumana per riuscirci, ma se davvero lo avesse voluto avrebbe potuto farlo.

«Quindi questa parte è già decisa: quando lo troverò andrà ibernato per sempre.» La Creatura delle Colline sbottò: «ahh voi mortali, con il vostro desiderio di non uccidere.» Si lamentava spesso di questa cosa: in certi casi, secondo lui, la troppa clemenza, e quindi usare punizioni che non fossero la morte, era una forma di debolezza, che prima o poi avremmo pagata cara. «Sa come la penso Signore: se un prosciugatore eccede, allora lo iberno a tempo indeterminato. Non ha senso ucciderlo.» La Creatura delle Colline era chiaramente infastidita da questo mio atteggiamento. «Non capisco perché lasciarlo in sospensione temporanea, sebbene a tempo indeterminato: devi aggiungerci la fatica di trovare un posto dove non venga scovato per errore o per volontà.

Inoltre devi vegliare che qualche maghetto, da quattro soldi, non cerchi di risvegliarlo, perché sappiamo bene se lo fa, perché lo fa!!» Aveva ragione da certi punti di vista: nemmeno a me piaceva l’idea di un deposito di prosciugatori praticamente infinito, sempre disponibile per chi sapesse dove cercarli, oltre alla fatica a trovare sempre posti nuovi per metterli a risposo: nessun mago si sarebbe sognato di metterne più di uno nello stesso posto. Se qualcuno sapesse come svegliarli, e ne trovasse diversi in un solo posto, avrebbe un esercito personale a disposizione; già ai tempi dell’inquisizione era successo ed era certo che non si voleva che la cosa si ripetesse!! In ogni caso mi era stato insegnato ad uccidere solo in casi in cui non era possibile fare altrimenti ed io così mi comportavo, fintantoché era possibile.

«Non voglio stare qui a discuterne, Signore, conosciamo entrambi le posizioni dell’altro, in questa faccenda, e sappiamo, inoltre, che nessuno dei due è disposto a rivedere la propria strategia in merito, per cui la trovo una discussione inutile.» Cercai di tagliare corto: non ero pronto per un confronto filosofico sulla differenza tra mettere in ibernazione per sempre ed uccidere, con la Creatura delle Colline: non ne sarebbe venuto fuori nulla di buono, compreso il fatto che avremmo fatto mattino, al solito, ed io avevo bisogno di esser fresco e riposato per affrontare il mio avversario che, per quanto riprovevole in quanto essere, non era certo una creatura da sottovalutare!!

Passarono diversi giorno prima che il barista mi chiamasse, ed io già con un permesso in bianco pronto, schizzai al parcheggio, lasciando il lavoro sui due piedi, per arrivare al bar il prima possibile. Ci misi non più di 15 minuti, che però mi sembrarono un’eternità. Sapevo che le probabilità che sparisse in così poco tempo, visto l’ora, era scarsa: era l’orario di termine lezioni in facoltà, e gli studenti erano soliti fermarsi un po’ al bar per commentare la giornata, scambiarsi gli appunti ed altre amenità simili. Parcheggiai alla meno peggio facendomi una ragione del fatto che avrei preso quasi sicuramente una multa, ma non potevo farmi scappare l’occasione di incrociare il mio avversario. Mentre mi incamminavo verso la porta del bar invocai un incantesimo di distrazione, almeno la maggior parte dei presenti non avrebbe fatto caso a me, più difficile che avesse effetto sul prosciugatore: erano piuttosto resistenti a magie ed incantesimi, specialmente se si usavano sui loro sensi di molto, ma molto, più sopraffini di quelli di un comune mortale: non per niente erano dei predatori orami.

Varcai la soglia del bar, dirigendomi verso il bancone, ma sentivo già la presenza del prosciugatore: la sua aura, in quanto una commistione di auree diverse, assorbite delle sue prede, era un caleidoscopio di colori invece di averne uno dominante con qualche sfumatura, come accade di solito alle persone normali. «É quello alto, in fondo, vicino alla vetrina?» Chiesi al barista senza nemmeno salutare. «Si, ma allora sapevi chi era!!» Disse con quasi tono di «lo sapevo io che non me la raccontavi giusta!!» «No» gli risposi seccamente, «ma è l’unico che corrisponde alla descrizione che mi hai fatto l’altra volta. Tieni questi sono per te: una promessa va mantenuta.» E gli allungai, sotto banco, un paio di banconote come ringraziamento per una semplice telefonata. Nel frammentare il barista, forse calatosi troppo nel personaggio, mi porse un caffè: «il suo caffè, signore.» Sarebbe anche stata una buona cosa, se il suo tono di voce non fosse stato troppo alto e troppo tremulo, per cui anche un asino avrebbe capito che stava recitando. Evitai di voltarmi, per non mettere in allarme la mia preda, già: le parti si erano invertite, ed un prosciugatore non è a suo agio nella posizione della preda.

Il locale era troppo pieno per poter agire: troppi incantesimi di amnesia da fare dopo, per cui presi il mio caffè e mi sedetti ad un tavolino, fuori dal locale, con un quotidiano in mano, recuperato da un altro tavolo libero: «questi universitari un quotidiano non lo leggono nemmeno se li paghi, soldi sprecati caro mio.» Pensai riferendomi al barista, ma a me veniva comodo, così sembrava che stessi leggendo. Ogni tanto giravo un paio di pagine, così da farmi vedere concentrato sulla lettura, ma non perdevo di vista il prosciugatore, che dopo la sceneggiata del caffè sembrava essersi rilassato, evidentemente facendo il, grave, errore di non considerarmi una minaccia.

Lo vidi avvicinarsi ad una ragazza: non molto alta, con dei bei capelli biondi lunghi, raccolti in una treccia, che doveva aver richiesto almeno un’ora ad essere acconciata, visto che nemmeno la punta di un capello sembrava fuori posto. Lei aveva un Loden classicamente verde, delle calze nere e delle ballerina in tinta con le calze. Pessima scelta per le scarpe, visto la sua altezza. Lui ci mise ovviamente poco o nulla a metterla a suo agio: come i protagonisti della loro versione romanzata, ma per motivi diversi, riuscivano a far mettere a proprio agio chiunque volessero, diventandone in fretta molto amici; ma non era un potere magico, era solo un’altra arma del loro letale arsenale che potevano usare per cacciare: ormoni!

Producendone a proprio piacimento sia adatti a farsi accettare come persona di fiducia, che per imprimere terrore nelle per persone farle allontanare. D’altronde era pur sempre un predatore, e come tale, madre natura, gli aveva dato i mezzi per cacciare. Dopo una mezzora in cui le risate di lei erano sempre più frequenti, come anche i suoi sorrisi, successe quello che temevo: lei scrisse un numero, che dalle cifre da cui era composto era chiaramente un numero di un cellulare. Lui prontamente, ma con calma, estrasse il propio cellulare e registrò subito il numero appena ricevuto. Prevedevo, che a questo punto, visto che aveva ottenuto quello che voleva, al massimo lui l’avrebbe lasciata entro una decina di minuti: non aveva senso per lui restare in un posto così affollato una volta ottenuto quello che voleva, ne poteva ripetere l’operazione con un’altra preda, fintantoché quella, già abbordata, non lasciasse il locale, ma la ragazza bassa, dai biondi capelli, non sembrava averne minimamente l’intenzione, al momento. Si mise un giubbetto di pelle addosso ed uscì dal locale.

A questo punto ogni bravo investigatore avrebbe lasciato il tavolino e lo avrebbe pedinato: e sarebbe stata una pessima mossa! In quanto predatore, era capace di percepire chi lo inseguisse anche a distanze piuttosto alte. Per cui chiesi al barista dove era il bagno, mi ci chiusi dentro e lanciai il corpo astrale alla caccia del prosciugatore.

Pur usando il corpo astrale dovevo stare attento: il prosciugatore era in grado di sentirsi seguito più dall’intenzione che dal fisico che lo seguiva, per cui restai ad una quota tale da pensare, quanto meno, di essere fuori dal suo radar, ed in effetti pareva che ci stessi riuscendo: girovagò un po’ a casaccio, per le strade strette del centro, ma sapevo che non era li che abitava in quanto fare un lungo giro, con improvvise deviazioni, e lunghe soste davanti a vetrine da usare come specchi, era solo un’abitudine, per controllare di non essere pedinato anche se il loro sesto senso non li avvisava di un tale pericolo; era quella la vita di un prosciugatore di giorno: sempre all’erta, sempre teso, mai un attimo di rilassamento.

Dopo una mezzora di girare a vuoto, puntò deciso verso l’uscita del centro e raggiunse una zona periferica dove salì su una Renault 5 grigia e si diresse, questa volta ne ero certo, verso la sua destinazione reale. Mentre lo seguivo dall’alto mi stava venendo da ridere: puntava diretto verso le colline, appena fuori dalla città, ed in effetti raggiunto un punto isolato, con uno spazio per lasciare la macchina, non vista dalla strada principale, proseguì a piedi per circa un chilometro e si infilò in una grotta naturale sparendo alla mia vista. Avrei potuto fare un giro dentro la grotta, ma c’era pur sempre il rischio che mi percepisse, per cui evitai di farlo e rientrai fulmineamente nel mio corpo, ancora nel bagno del bar.

Fortunatamente il barista aveva capito che stavo facendo qualcosa collegato all’indagine, visto che non uscivo da li da un bel po’, ed aveva messo un cartello ‘Fuori Servizio’ fuori dalla porta. Raggiunsi il banco, gli allungai un’altra banconota per la gentilezza del cartello e lo salutai. «Non serve che mi richiami se ricompare: ormai so dove sta, e probabilmente non lo vedrai più da queste parti;» dissi mentre varcavo la porta uscendo, così da non lasciargli il tempo di fare domande.

Montai in macchina, ma ero troppo divertito alla sola idea della reazione della Creatura delle Colline, alla notizia che aveva preso alloggio sul una delle ‘sue’ colline, mi faceva piegare dal ridere. Dall’altra non ridevo per il prosciugatore: se avesse saputo che cosa stava rischiando, sarebbe partito di gran carriera, senza più fare ritorno in questa zona. Fu così che mi venne l’idea di come liberarmi del prosciugatore!! O avvisavo la Creatura delle Colline, che lo avrebbe dissolto una volta per tutte, o dicevo al prosciugatore dove aveva preso dimora e che la Creatura delle Colline lo stava cerando. Sarebbe partito di corsa, ma in realtà cosi non avrei risolto il problema: lo avrei solo rifilato a qualcun altro, in un altra regione. No: dovevo provvedere come si doveva, ma il fatto che il prosciugatore dimorava sul territorio della Creatura delle Colline comunque mi dava un vantaggio, che avrei usato sicuramente per evitare uno scontro diretto.

Arrivato a casa mi feci una doccia mi rilassai un po’ sulla poltrona pensando al da farsi. Cominciò ad imbrunire, quindi era tempo di muoversi. Presi la macchina e andai su in collina, lasciai la macchina accanto a quella del prosciugatore, che non aveva avuto una gran bella idea a parcheggiarla li: troppo lontano per sentire se qualcuno ci avesse ronzato intorno. Ripercorsi il sentiero, appena visibile sull’erba, visto durante il giorno ed arrivai davanti alla grotta. All’apparenza una grotta come altre che si possono trovare in questa zona, salvo che dava rifugio ad una creatura pericolosa, sfuggente, potente e senza empatia.

Presi fiato per calmarmi totalmente mentre mi mettevo comodo seduto per terra dentro un cerchio di protezione che avevo appena iscritto. «Prosciugatore presentati al Maestro del Mattino che ti convoca!» Non volevo avesse dubbi sul fatto che fossi certo di batterlo anche qui, nel suo territorio.

Nessuno uscì dall’anfratto, ma sapevo che era dentro e lo sentivo diventare teso e aggressivo. «Non te lo ripeterò una terza volta prosciugatore: esci o vengo a prenderti!» Stavo bluffando: non sapevo che tipo di trappole mistiche o fisiche avesse attrezzato all’ingresso, o all’interno della grotta, e non ci tenevo nemmeno a scoprirlo. Evidentemente ero stato sufficientemente intimidatorio, perché il ragazzo si presentò di fronte a me, sebbene con fare sprezzate e pronto a saltarmi al cervelletto.

«Facile presentarti come Maestro del Mattino, ma chi mi dice che lo sei davvero? Potesti essere un mortale, in quel caso saresti la mia cena senza scampo!» Immaginavo ci avrebbe provato. «Prova a toccarmi, se sei convito che questo non ti arrechi danno prosciugatore, ma fossi in te starei piuttosto attento nel farlo;» gli risposi senza tono di sfida: non stavo cercando un confronto fisico. Fece uno scatto in avanti, che un occhio umano non avrebbe nemmeno percepito, per poi volare indietro mentre la sfera generato dal cerchio di protezione ululava nel colpirlo al contatto. «Ti avevo avvisato prosciugatore… adesso sei certo che sono chi dico di essere».

Il ragazzo per nulla stranito si guardava i palmi delle mani ustionate guarire mentre attingeva all’energia vitale della sua ultima preda. «E non pensare nemmeno di squagliartela, c’e’ un cerchio più esteso che circonda il tuo nascondiglio, certo se vuoi verificare anche quello fai pure» gli dissi con un ghigno sulle labbra. Sapeva che se l’avesse fatto ed io avessi detto il vero avrebbe dovuto attingere ad altra energia, restandone in debito, se doveva confrontarsi con me fisicamente. «Allora che vuoi Maestro del Mattino? Mi hai catturato, ed ora? Mi ucciderai?» Stava cercando di prendere tempo, sapeva benissimo come sarebbe finita, se non fosse uscito da quell’impasse. Solo non sapeva cosa prevedeva il mio piano su di lui.

«Non ho nessuna intenzione, ne guadagno nell’ucciderti, e poi dovresti saperlo che non sono io da chi devi guardarti per la morte, noi stregoni non uccidiamo se non siamo costretti e tu, ragazzo mio, non sei nella condizione di costringermi a farlo.» Vedevo le sue spalle che aumentavano il ritmo che seguiva la sua respirazione: stava aumentando. Davvero era così stupido da tentare un altro attacco? Sembrava di si: il linguaggio, da predatore, del corpo indicava che stava per scattare. «Il tuo errore è stato scegliere il posto sbagliato per dimorare: queste terre sono in uso alla Creatura delle Colline, sai bene a chi mi riferisco.» Tutta la boria e la rabbia si spensero come se qualcuno avesse azionato un interruttore.

Si immobilizzò e comincio a scrutare intorno a noi come se cercasse qualcosa o qualcuno. «Tranquillo: ancora non sa che hai messo casa sulle sue colline, ma se vuoi lo chiamo per metterlo a conoscenza della cosa.» Il prosciugatore sbiancò sapeva che per quanto veloce non poteva esserlo più della Creatura delle Colline, e che quest’ultimo non avrebbe sprecato magia né tempo per lanciare un incantesimo che gli impedisse di svegliarsi dal suo sonno ristoratore. Fra me e la Creatura delle Colline la seconda era decisamente la peggiore delle due situazioni, visto poi che non aveva una via di scampo in quel momento, essendo bloccato da due barriere mistiche.

«Non puoi darmi in pasto a quella belva: mi strapperà le carni di dosso e poi si disseterà con il mio sangue prima di concludere il pasto mangiandomi l’anima!! Tu sei il Maestro del Mattino: non puoi permettere che mi faccia una cosa del genere.» Lo guardai, dritto negli occhi, mentre mi alzavo stando bene attendo a non oltrepassare il cerchio di protezione. «Chi sono io, per dire alla Creatura delle Colline cosa può o non può fare. Io se non fai il bravo, al limite lo informerò che hai preso residenza a casa sua, e poi deciderà lui che fare; e stai pur sicuro che io non sarò presente perché, come hai ben detto io non permetterei mai una cosa del genere, ma cercare di fermare la Creatura delle Colline vorrebbe dire morire… e se permetti tra te e me.. meglio che muoia tu.»

Gli lasciai il tempo di metabolizzare quanto detto: doveva capire che l’unica soluzione, per non morire, era accettare l’ibernazione a tempo indeterminato. Il ragazzo, ormai un pallido ricordo di quell’animale cacciatore che era, si guardava intorno nervoso, sapeva che unica soluzione aveva, ma non gli piaceva: era appena sorto, ed era già ora per lui di calare nel buio, probabilmente eterno, del sonno riparatore; solo che, questa volta, sapeva che le possibilità che si svegliasse erano meno che minime. «Decidi tu il tuo destino, prosciugatore.» Dissi con calma, ma con l’intenzione di aumentare la pressione psicologica al massimo possibile; «io posso anche andarmene senza quello che voglio, ma da quel momento sai che non sarà ‘ma’ sarà solo ‘quando’ che la Creatura delle Colline ti troverà e giocherà con te prima di ucciderti.»

Ormai il prosciugatore aveva capito che non aveva scampo se voleva restare vivo, sebbene come un animale ibernato a tempo indeterminato. «E sia Maestro del Mattino, hai vinto: mi ibernerò e poi potrai fare il tuo maledetto incantesimo che mi inchioderà qui per l’eternità.» Sospirai, come a fargli capire che non avrei voluto dire, quello che stavo per dire «non così in fretta prosciugatore: prima devi fare una cosa per me, sempre che tu voglia evitare di confrontarti con la Creatura delle Colline…» il mio piano prevedeva, prima di ibernarlo, che restituisse, almeno quel tanto che bastasse dell’energia alle due vittime che erano li in ospedale per colpa sua, per permettere loro di riprendersi; ci sarebbe voluto un po’ di tempo, ma alla fine i ragazzi si sarebbero ripresi del tutto.

Immaginavo che si sarebbe opposto, farlo voleva dire entrare in ibernazione con il minimo di energie in corpo, e quindi facilmente attaccabile al suo, se mai fosse accaduto, risveglio. Per un attimo rividi nei suoi occhi l’immagine del predatore bloccato in un angolo, pronto a balzarmi al cervelletto per rendermi un corpo vuoto, ma durò solo un attimo. Il prosciugatore si rese conto che la mia era pur sempre un’offerta che prevedeva di poter rivivere un giorno, forse. L’alternativa non prevedeva in alcun modo, il ritorno dal suo sonno ristoratore. Sapendo che il suo corpo astrale non aveva alcuna possibilità contro il mio, allenato da anni di battaglie simulate e reali, gli dissi: «fai uscire il tuo corpo astrale e seguimi, andiamo a sistemare questa pietosa faccenda.» Non fece obiezioni, ne tentò di attaccarmi o sfuggirmi una volta in forma astrale entrambi: sapeva che non c’era storia in quelle condizioni e che comunque potevo rientrare nel mio e distruggere il suo corpo, e se pure fosse riuscito a sfuggirmi, la Creatura delle Colline non si sarebbe fermata finché non lo avesse trovato!!

Raggiungemmo in primo dei due ragazzi, ed il suo elettroencefalogramma riprese a dare segnali di attività del cervello. Gli infermieri quasi gridavano al miracolo, mentre ci allontanavamo per raggiunger la sua seconda vittima. Stessa scena: energia restituita, cervello rimesso in attività. Tornammo sulla collina. «Altro?» Mi chiese il prosciugatore con tono quasi di sfottò, «vuoi che mi decapiti da solo? Perché a questo punto sono circa nella stessa situazione.» Sapevo che voleva dire: con il mimino di energie in corpo, una volta addormentato, al risveglio, se mai ci sarebbe stato, non avrebbe avuto la forza di prevalere sul suo inconsapevole ‘benefattore’, che nel peggiore dei casi lo avrebbe reso succube per una intera vita umana.

«Non frignare,» gli risposi «sarai pur sempre vivo e con una piccolissima possibilità di svegliarti ancora, e dovresti ringraziarmi: la Creatura delle Colline non sarebbe così benevola con te, e lo sai!!» Il prosciugatore sapeva che avevo ragione per cui entrò nella sua grotta di distese e iniziò il processo di ibernazione. Attesi con calma finché non sentii più il suo cuore battere. Sapevo che in realtà avrebbe continuato a battere, una volta ogni ventiquattro ore, ma lo sapevo io, e lo sapeva lui. Chi l’avesse trovato, se l’avesse mai trovato, non lo avrebbe saputo, ed avrebbe pensato di aver trovato un cadavere. La fortuna di chi lo avrebbe trovato, sarebbe stata che il cadavere che era stato lasciato li da me senza energie sufficienti per assalirlo appena sveglio e renderlo un bozzolo vuoto.

Mi avvicinai con attenzione al corpo del prosciugatore, era spaventosamente grigiastro, ma stavo attento al suo cuore, che non iniziasse ad aumentare nuovamente il ritmo, per cercare di attaccarmi all’improvviso. Sarebbe stato anomalo che con le poche forze rimaste, potesse scattare da ibernato a operativo in un secondo come potevano fare normalmente, ma era meglio evitare insalubri sorprese: lo stavo comunque condannando ad un sonno eterno senza morte come fuga, per cui un tentativo disperato poteva sempre tentarlo.

Feci diversi incantesimi su di lui: primo quello per impedirgli di svegliarsi spontaneamente, secondo uno di distrazione, nel caso lo avesse visto qualcuno non si sarebbe reso conto di averlo visto, salvo non ci inciampasse sopra. Ne feci anche uno di distrazione all’ingresso della grotta, per essere certi che nessuno lo trovasse per caso.

«Potevi anche darlo a me: visto come lo hai conciato è praticamente spacciato.» Mi tuonò nella testa. Ovviamente la Creatura delle Colline aveva seguito tutta la faccenda. «Sappi che ti ho permesso di gestire la cosa, a modo tuo, solo perché lo hai trovato per primo. Se l’avessi trovato io, quello schifoso, sarebbe già in pezzi a fare da concime per la valle!!»

«Ed io ti ringrazio, Signore, di avermi permesso di preservare una vita, sebbene in questo modo così definitivo.» Non ero contento di averla avuta vinta: era vivo, questo lo sapevo, ma era peggio che essere morto tutto sommato. Sapevo che durante l’ibernazione i prosciugatori erano vagamente coscienti di quello che accadeva loro attorno. Non riuscivo a pensare ad una eternità in quello stato, ma in grado di percepire cosa accade intorno a te. «Da quanto sapevi che eravamo qui?» Chiesi alla Creatura delle Colline. «Da quando hai creato il primo cerchio di protezione: davvero credevi di nasconderti a me?» Il tono era davvero incredulo, non di presa in giro come al suo solito. «No, assolutamente: sapevo che mi avresti sentito appena mi fossi messo all’opera, ma ho sperato che avendo iniziato io a gestire la cosa mi avresti lasciato finire, nonostante lui avesse preso dimora a casa tua.»

Non mi stavo scusando: gli stavo spiegando davvero come la pensavo, quando avevo deciso di seguire quel piano. E la Creatura delle Colline lo capì, tanto che cambiò argomento: «fossi in te, Maestro del Mattino, andrei a vedere come stanno quei due ragazzi, dovrai supportarli con la magia i primi giorni, lo sai vero?» Si riferiva al fatto che sebbene avessero recuperato la loro energia, la magia poteva rendere la loro ripresa fisica, e mentale, molto più rapida, e tutto sommato mi pareva giusto: era stata la magia a conciarli in quello stato, che fosse la magia ad aiutarli ad uscirne!

«Bene» aggiunsi, raggiunta la macchina, «vado a vedere come stanno i ragazzi, magari torno più tardi e facciamo quattro chiacchiere.» Nessuna risposta: al solito se n’era già andato. Che elemento la Creatura delle Colline!!



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