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Cap. 03 – Non Dire Mai Quella Parola!



Questo fu un caso un po’ atipico: un gruppo di amici che voleva iniziare a sondare il mondo del paranormale, che mi chiese una guida nel farlo. Contrariamente al solito, tutto iniziò, già, alla prima seduta. Eravamo a casa di Gianni, un appartamento al 4 piano di una palazzina, delle case popolari, nel quartiere dove abitavo. Ci trovammo un pomeriggio di maggio: io, Gianni, Massimiliano e Fabio; tutti, tranne me, novizi in questo campo. Diedi loro istruzioni molto chiare sul come comportarsi durante la seduta, cosa fare e, soprattutto, cosa non fare al presentarsi di certe situazioni.

Il locale era la sala da pranzo dell’appartamento: largo, aerato, con una porta finestra; un tavolo rettangolare, dove operavamo, ed a fianco un divano con un tavolino composto da una struttura di ferro battuto con appoggiato una lastra in granito, decisamente pesante, tanto che il solo peso era sufficiente a tenerlo fissato in posizione.

Si decise di provare a chiamare la nonna di Massimiliano, la scelta, apparentemente casuale, era dovuta al fatto che Gianni, in quanto titolare della casa, non voleva correre rischi di avere presenze “residue” a fine seduta, mentre Fabio si sentiva troppo novizio per decidere chi chiamare, in realtà la sua era paura da prima volta, ma era una cosa comprensibile, per cui nessuno insistette affinché fosse lui a decidere.

Gianni avviò un disco di musica classica per avere uno sottofondo utile a rilassarci, e chiuse tutte le finestre, come gli avevo indicato, così da non avere possibilità di scambiare movimenti di oggetti con movimenti dovuti a correnti d’aria.

Iniziammo la seduta, una classica catena di mani serrata, chiamai diverse volte la nonna di Massimiliano, ma pareva non volersi presentare, così decidemmo di fare in altro modo, chiedendo a chi fosse nelle vicinanze di rispondere alla nostra chiamata. Passarono pochi secondi ed iniziarono i fatti anomali: una corrente d’aria, non dovuta a finestre aperte, ci girava intorno, chiaramente qualcuno stava rispondendo, ma alla richiesta di palesarsi dichiarando chi fosse: non ottenemmo risposta.

Questo, sapevo benissimo, non era un buon segno: di norma gli spiriti non possono mentire a domande dirette, poste da chi è nella catena, e quando un’entità non dava il proprio nome, come risposta ad una domanda chiara tipo “dicci chi sei”, le possibilità che fosse uno spirito “burlone”, o peggio, un’entità negativa, erano piuttosto alte. Un rumore stridulo ed acuto ci colse di sprovvista: veniva da dalla mia sinistra, dal tavolino posto davanti al divano. Purtroppo Fabio si fece prendere dalla paura e fece l’errore più comune, e madornale, che si possa fare in questo caso: staccò le mani dalla catena.

Massimiliano cercò di essere rapido nell’afferrare la mano di Gianni che restava il più vicino dopo l’interruzione di Fabio, ma bastarono quei pochi secondi affinché succedesse quello che Gianni, aveva sperato non sarebbe accaduto: qualcosa/qualcuno uscì dal cerchio della chiamata, si mosse veloce furtivo nella sala; al suo passaggio vicino alla finestra le tende si mossero silenziosamente, ma in maniera evidente. Fabio cacciò un urlo soffocato e tentò di guadagnare la porta di ingresso, che però pareva opporsi alla sua volontà di abbandonare la casa: per quanto tirasse forte la porta, non dava cenno di cedere e non si apriva; Fabio era chiaramente ormai nel panico, Gianni grondava sudore per vincere la tentazione di interrompere la catena prima che io dessi l’assenso, Massimiliano, stranamente, appariva piuttosto calmo in attesa di sviluppo della situazione.

Chiusi la seduta in fretta, ma facendo attenzione a farlo nel modo corretto; alla fine rilasciai le mani interrompendo la catena, Gianni e Massimiliano intesero, da questo mio gesto, che potevano fare altrettanto.

La prima cosa, fu cercare di calmare Fabio: ci volle un bel po’, ma alla fine ci riuscimmo; a quel punto Gianni mi fece notare una cosa: il giradischi era di quelli con lo strumento per verificare la velocità corretta della rotazione del piatto; il disco montato era un long plain, quindi il giradischi era impostato a 33 giri; ma lo strumento indicava che il piatto stava girando a 45 giri, ed in effetti anche ad occhio la velocità era quella del 45 giri: ma allora, come era possibile che stavano ascoltando il brano correttamente come se fosse impostato a 33 giri? Lo strumento era meccanico per cui non era possibile che indicasse una velocità errata. Gianni spostò il commutatore su 45 giri e non cambiò nulla: la musica era sempre riprodotta correttamente. Commutò su 33 giri e di nuovo su 45 e questa volta la riproduzione era chiaramente troppo veloce. Ci guardammo in faccia con fare interrogativo, ma nessuno seppe dare una motivazione, se non di origine soprannaturale.

Gianni ci fece notare un’altra cosa: il tavolino situato davanti al divano. La lastra di granito era ruotata oltre i 45° il che rendeva, fisicamente impossibile, il fatto che la lastra restasse appoggiata sulla struttura: in teoria la lastra essendo ruotata oltre i 45° doveva essere caduta, ma restava li sospesa come se un peso, non visibile a noi, fosse posto sull’angolo opposto in maniera di non farlo cadere. Anche in questo caso, Gianni lo rimise a posto e poi, facendosi aiutare da Massimiliano, sposto la lastra nella posizione in cui l’avevamo trovata: se Massimiliano non l’avesse tenuta sarebbe piombata a terra, probabilmente spaccandosi in mille pezzi.

Discutemmo un po’ su cosa fosse successo: a parte Fabio, chiaramente ancora sconvolto, il resto del gruppo era abbastanza tranquillo da poter fare un’analisi dell’accaduto. Palesemente i tre fatti avvenuti erano di origine soprannaturale: la rotazione anomale del piatto del giradischi, la posizione inspiegabile della lastra di granito e lo spostamento delle tende con le finestre chiuse. Per nessuno dei tre avvenimenti esisteva una spiegazione valida, che non fosse collegata al paranormale. Decidemmo di ripetere la seduta un altro giorno, ci salutammo e tornammo ognuno a casa propria.

Passò qualche giorno e, un pomeriggio, Massimiliano mi chiese di vederci per potermi parlare di una questione, a suo parere, grave. Ci incontrammo al solito posto, al parco del quartiere: Massimiliano, che di solito aveva sempre, e comunque, un atteggiamento scanzonato e felice, aveva un’espressione molto truce. Mi spiegò senza perdere tempo cosa stava succedendo, insistendo che, a suo parere, la cosa era iniziata proprio il giorno della seduta.

In pratica Gianni, ogni volta che sentiva la parola ‘diavolo’ sembrava andare in trance, ovunque fosse cadeva giù come un sacco di patate vuoto. Massimiliano era molto colpito da questa cosa e temeva per la salute di Gianni. Mentre si pensava in silenzio a questo fatto, mi chiedevo come mai Gianni non mi avesse contattato per avvisarmi della cosa, non era da lui evitare di affrontare un problema. Decidemmo con Massimiliano di trovarci tutti e tre e studiare qualcosa da fare.

Il pomeriggio successivo, al solito posto, ci trovammo per affrontare la questione; mi domandavo se Gianni se la sarebbe presa per il fatto che Massimiliano me ne avesse parlato: era pur sempre una cosa personale, e se ne aveva parlato a Massimiliano non era scontato che io dovessi saperlo. Provai ad inserire la parola “grilletto„ in una frase che non aveva nulla a che fare con quella parola, ed in effetti Gianni, senza alcun preavviso, si afflosciò a terra iniziando a tremare e sbavare senza controllo. Se non avessi già una discreta esperienza in casi di epilessia, avrei potuto scambiare il suo comportamento come un classico attacco epilettico con una certezza vicina al 100%!

Quello che apparve strano, era il fatto che passato qualche minuto in quella situazione, non più di tre normalmente, si riprendeva come se nulla fosse successo, senza alcun ricordo di cosa fosse successo o del perché fosse successo. Era chiaro che non si trattava di possessione, ne di “entità” rimaste attaccate a lui dopo la seduta. Mi venne in mente una sola cosa: questa situazione esisteva già prima dei nostri incontri, ma era stata portata alla luce dall’ultima seduta: il problema era come risolverla!!

Li per li mi dissi che in fin dei conti non era un problema mio: se in casa sua avevano giocato con ciò che non dovevano, io non ne avevo responsabilità, ma era pur vero che, essendo un amico, non mi andava di lasciarlo in quelle condizioni. Così l’unica cosa da fare era parlare con i suoi famigliari per capire chi avesse giocato con ciò che non doveva e sopratutto con cosa avevano giocato!

L’indagine non fu facile: pur essendo, all’apparenza, persone normali, quando incontrai il padre mi fu chiaro, da subito, che il pover’uomo era il classico uomo che provvedeva a mandare avanti la famiglia, ma che ben si guardava di come la famiglia veniva gestita dalla moglie: ergo era una atipica, almeno per gli anni ’80, famiglia di tipo matriarcale. Atipica perché per quella regione, il matriarcato era decisamente fuori posto.

Così mi rivolsi alla madre, e iniziarono a suonare le note dolenti: una donna secca, con rughe che sembravano di una persona con una età inquadrabile dai 100 anni in su, ma con uno spirito forte e giovane; una donna che poco interesse aveva di parlare, di certe cose, con un’estraneo alla famiglia; una donna, come poi ebbi la conferma, che amava giocare con certe cose, senza che la famiglia ne sapesse alcunché; insomma ero incappato in una sacerdotessa, di non so quale casata o casta o fazione, ma di certo una casta che non era avvezza a dover dare spiegazioni a maschi!

La sua reazione alle mie domande fu immediata: la sentii chiudere degli schermi su di se, e, contemporaneamente, la sua mente che tentava di sondare la mia aura. Istintivamente stavo per renderla neutra, per impedirle questo tipo di indagine, ma rendendomi conto che era sulla difensiva, mi dissi che a mettermi anch’io sulla difensiva, non ne sarebbe uscito nulla di buono, così lasciai che vedesse la mia aura senza alterarla minimamente.

Era strana come situazione: la donna, all’apparenza, era una classica signora sui 60 anni, capelli quasi totalmente bianchi, di lunghezza media, raccolti, come si usava una volta, in una spirale fissata con delle forcine sapientemente mimetizzate; ma bastava guardare gli occhi per vedere tutta un’altra persona: una donna piena di forza, con un vissuto spirituale ricco, che le dava una energia che, ad una prima vista, non si sarebbe nemmeno sospettato.

Era chiaro che non fosse abituata a render conto del suo operato ad un maschio, men che meno quando si trattava di certe situazioni, tipo questa. Fu piuttosto secca nell’esprimersi, e lo fece come se conoscesse le domande che stavo per porle: «Innanzi tutto, non devo giustificazioni a nessuno, meno che meno ad un uomo…», tanto era il disprezzo, nel pronunciare la parola uomo, che mi sembrò quasi di ricevere un pugno alla bocca dello stomaco! «… e comunque quel che è stato fatto aveva un suo perché, e se questo comporta un piccolo sacrificio, da parte di mio figlio, pazienza: non morirà certo per non poter nominare impunemente il maligno; tutto sommato la cosa può essere addirittura positiva!».

Rimasi sconcertato: per come lo aveva espresso, il suo parere era ineccepibile, aveva fatto quello che secondo lei andava fatto, ed in più aveva reso il figlio incapace di nominare il maligno, senza pagarne pegno. Mi domandai a quel punto, io che stavo a fare li: era evidente che la madre non aveva nessuna intenzione di cambiare la situazione, anzi pareva pure andarle bene; di conseguenza salutai cortesemente, e me ne andai: non potevo aiutare chi non voleva essere aiutato.

Credo che questa sia stata, una delle poche volte, in cui non sia riuscito a modificare una situazione negativa: d’altronde se alla madre andava bene così, chi ero io per contestare il suo modo di gestire il figlio?? Per cui abbandonai la questione, e per quanto ne so a distanza di 40 anni, probabilmente tutt’ora, se Gianni pronuncia quella parola cade ancora in catalessi per qualche secondo: contenta lei!!


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