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Cap. 05 – L’Inquilino.



Era ottobre del 1990 quando un amico si trasferì di casa, e mi introdusse alla sua padrona di casa, per permettermi di subentrare senza grossi problemi come inquilino al suo posto.

Una vecchia casa colonica, su due piani: spogliatoio, cucina vivibile, cucinino, salotto al piano terra, due enormi camere da letto, più il bagno, senza vasca ahimè, al piano di sopra; mezzo piano ancora ed un sotto tetto, che con poco lavoro sarebbe potuto diventare vivibile, con tutti i limiti di una mansarda; poi da tenere in considerazione, una cantina larga quanto tutta la casa, con soffitto alto pure quella.

Quello che più mi interessava era un bel giardino ad elle che girava intorno la casa, con box garage a se stante, ma sempre nel terreno della casa. Non era troppo distante dal lavoro, ma sopratutto era per indipendente, per cui sul tetto potevo mettere quello che più mi pareva. La casa non era certo nuova: era una vecchia casa colonica, divisa in due appartamenti affiancati, su due piani. Ma a fianco avevo due simpatiche sorelle attempate, che non creavano alcun problema. Finalmente avevo un appartamento con giardino per il/i cane/i, ed un tetto tutto mio per la/le mia/mie antenna/antenne!!

Terminai il trasloco il due di novembre, un venerdì: tutto calcolato, così avevo il fine settimana per riprendermi prima di tornare al lavoro; venivo da un monolocale ammobiliato in pieno centro storico, per cui di mio, da traslocare, avevo poco o nulla: solo il vestiario, qualche elettrodomestico e le mie radio; non traslocavo da solo: la Shila, una meticcia collie/lupo, divideva già il monolocale con me, ed ovviamene, venne a dividere il nuovo appartamento.

Avevo comprato il mobilio della camera da letto nuovo: un bell’armadio a ponte bello capiente, e sotto avevo inserito un letto matrimoniale. Per cui lo spazio era più che abbondante in camera.

L’altra camera l’avevo adibita a studio, per cui avevo costruito, con l’aiuto di un conoscente, un bancone in legno, tavolato massiccio, con quattro gambe in acciaio, ottenendo così una bella base robusta per sostenere tutte le mie radio, il computer e tutti gli accessori per entrambi i blocchi. Un poltrona a rotelle, di quelle da ufficio per capirci, completava l’angolo di lavoro. Ma visto che la stanza era enorme, era stata concepita come la camera padronale, la divisi in due con un mobile così da creare dietro, uno spazio per un posto letto per eventuali ospiti.

Al piano terra avevo recuperato un bel salotto di seconda mando: libreria a quattro sezioni, con molte scaffalature, un tavolo rotondo, allargabile in caso di necessità, e la Mary mi aveva regalato un suo divano letto matrimoniale, altro punto di appoggio per eventuali ospiti, con un bel tavolino classico da mettere tra il divano e le due portone. A parte il divano, le poltrone ed il tavolino, che erano un regalo, il resto della mobilia del salotto era di seconda mano, ma tenuto molto bene. Avevo già appeso i miei due quadri ‘storici’, regali della Paola: uno rappresentava un drago avvolto intorno una tigre con nove diamanti che li circondavano, e l’altro una pantera nera. Questi due quadri per me hanno un forte valore emotivo, ma non è questo il momento di parlarne: diciamo solo che sono molto importanti per me.

In cucina avevo fatto al spesa maggiore, considerando che sarebbe dovuto essere la stanza più vissuta, teoria: una cucina con mobili ad elle lungo due muri, il cui piano terminava con una bella penisola da 4 coperti. Erano tutto in un doppio grigio: la parte esterna dei mobili , un grigio canna di fucile, mentre le parti frontali erano di un grigio più chiaro, molto rilassante, stesso colore che aveva la penisola ad una sola gamba; quattro sgabelli finivano l’arredo della cucina. Ovviamente poi c’era il frigo, ed altri ammennicoli come il micro onde, la macchina del caffè ed altre piccole cose. Insomma a parte la mia camera e la cucina il resto era stato recuperato presso uno di quei mercatini dell’usato, con un ottimo rapporto prezzo qualità.

Prima sera: ora di andare a dormire. Chiaramente casa nuova, nuovi suoni a cui adattarsi: la statale fuori dal lato dello studio, la ferrovia appena oltre al statale, il traffico generato dal semaforo della strada che costeggiava il giardino. Feci cenno alla Shila di seguirmi e salimmo al piano di sopra: mi feci una doccia e poi mi infilai a letto. D’accordo lo confesso: Shila, almeno finche ero solo nel letto, dormiva con me, al mio fianco sul lettone. Aveva dormito così da sempre, anche sul letto singolo quando stavo nel monolocale,, che motivo aveva per non farlo ora su un letto matrimoniale? Mi addormentai pensando che forse era il caso di fare un rito di protezione per la casa, adesso che ci vivevo.

La mattina successiva mi svegliai al solito verso le sei: nonostante fosse sabato, i lunghi anni abituato a svegliarmi sempre a quell’ora, non mi permettevano di dormire più a lungo, per cui mi alzai. D’altronde dovevo anche far uscire la Shila per farle fare i suoi bisogni, solo che per la prima volta non dovetti uscire di casa, aprii la porta che dava sul giardino ed uscii con lei. Mi accesi una sigaretta mentre lei faceva le sue cose e poi esplorava il giardino. Finita la sigaretta rientrati seguito dalla Shila tutta contenta, ma appena passato l’uscio che portava di nuovo in salotto notai una cosa: il tavolino posto tra il divano e le due poltrone non era più al suo posto. Sembrava essere stato spostato di lato.

Pensai fosse stata la Shila, che durante la notte avesse esplorato la casa e ci avesse preso dentro. «Niente di grave» mi dissi: spostati di nuovo il tavolino al suo posto e ripresi a fare le mie cose. Al mattino successivo stessa situazione: tavolino spostato di lato. «Che strano» pensai: oramai la Shila dovrebbe aver preso le misure della casa, tant’è che durante il giorno non aveva problemi a spostarsi in casa, e la sera quando andavo a dormire non chiudevo gli scuri, che erano in legno pieno e per questo se serrati, rendevano completamente buia la stanza, proprio perché la Shila potesse muoversi in sicurezza per casa.

Il lunedì mattino mi alzai preparandomi per andare al lavoro: avevo deciso che durante la giornata, quando ero assente, avrei lasciato la Shila in giardino: aveva un ampio porticato sotto il quale proteggersi in caso di maltempo, ma almeno poteva muoversi liberamente per il grande giardino durante la giornata. Al solito, appena sceso, attraversai il salotto per aprire la porta che dava in giardino per far uscire la Shila per fare le sue cose: ancora il tavolino risultava spostato!

E questa volta non poteva essere stata la Shila: avevo appositamente chiuso la porta della camera da letto affinché non potesse uscire dalla camera, di notte, senza avermi chiamato prima. La cosa si faceva ridicola: eravamo solo noi due in casa, la porta aveva una di quelle vecchia chiusure a ‘’sbarra d’acciaio traverso’’ che chiudevo, con attenzione, la sera prima di andare a dormire e non risultava forzata o rotta. La porta d’accesso al giardino aveva una contro porta esterna con la stessa barra in acciaio messo di traverso per cui non era stata aperta in maniera forzata: che diavolo spostava il tavolino?

Misi fuori la Shila, le portai le due ciotole, una con l’acqua ed una con il cibo, chiusi la controporta in legno e poi fece il giro della casa controllando che le finestre e relativi scuri in legno pieno sul lato strada fossero tutte chiuse, prima di andare al lavoro.

Rientrai alle diciotto circa, e mentre infilavo la chiave nella toppa notai che lo scuro della cucina e la finestra erano aperte: «per la miseria: un furto dopo nemmeno due giorni che abito qui ?!?!?!?» pensai piuttosto rabbioso. Apersi la porta con attenzione, poteva essere che il ladro fosse ancora in casa, presi una delle armi da taglio che avevo disseminato per tutta casa, ingresso compreso, ed entrai con cautela.

Per prima cosa andai ad aprire alla Shila, «se c’è qualcuno in casa me lo segnalerà immediatamente» pensai. Ma la tata entrò, allegra facendomi le feste e senza dare segnali di allarme. Dopo le coccole che le spettavano, feci un giro completo della casa con attenzione: nessun segno di scasso sulle finestre o sugli scuri, nessuno in giro per casa, e quelle poche cose di valore, per me, come il computer o le radio, erano tutte al loro posto.

Quelle che non erano al loro posto erano le finestre: esclusa la porta che dava sul giardino, tutte, e ripeto tutte e sette le finestre, tra il piano terra ed il primo piano, erano spalancate, e per di più con il riscaldamento acceso che pompava come un disperato, cerando di portare la temperatura in casa ai diciassette gradi che avevo programmato durante le ore di assenza. Peccato che in casa c’erano i quattro gradi che c’erano fuori, segno che le finestre erano aperte da ore!!!

Chiusi tutto e ci vollero un paio di ore prima che la temperatura in casa tornasse ad un valore decente, considerando che la casa di vecchio stile e aveva i muri molto alti, per riscaldarsi ci metteva un bel po’, e per fortuna che l’impianto di riscaldamento era a gas!!

Uscii con la Shila per non farle perdere l’abitudine alle passeggiate pur avendo il giardino. Rientrati dopo un’ora circa, mi feci la cena, passai la serata a chiacchierare in radio e girovagando in internet.

Alle venti tre circa, mi feci la doccia e mi preparai per andare a dormire: la Shila era già comodamente sdraiata sul suo lato del letto che mi guardava agitando la coda: sapeva che il rito serale prevedeva doppia dose di coccole prima di addormentarci! Chiusi la porta della camera, verificando questa volta che non si aprisse facilmente, poi a nanna.

Mattino successivo, stessa scena: sceso per far uscire la Shila il tavolino, al solito spostato. «Questa cosa comincia a stufarmi» pensai. Non era tanto per il tavolino spostato: vivevo solo, per cui l’ordine non era certo un problema, ma mi dava fastidio non trovare una soluzione al mistero.

Purtroppo non solo lo spostamento del tavolino si ripeté: al rientro a casa, dal lavoro, di nuovo tutte le finestre erano spalancate! «E per fortuna che stamane, in previsione di questo, avevo spento il riscaldamento!» pensai quasi trionfante, come se avessi fatto un dispetto a non so chi.

Questa volta non feci alcuna ispezione, feci entrare la Shila, e dopo fatte le coccole del rientro, la guardai mentre girovagava per casa: orecchie all’indietro, respiro calmo, bocca semi aperta: tutti segnali di un cane perfettamente rilassato, per cui in casa non c’erano ne persone ne animali intrusi.

Passò la serata tranquillamente: cena, un po’ di televisione, un po’ di radio e poi ora di andare a dormire. Piccola premessa: la camera che avevo adibito a camera da letto, era quella più piccola delle due.

Avevo scelto quella per diversi motivi, non ultimo il fatto che dava dal lato opposto alla strada statale e relativa ferrovia. Ne risultava che avevo il letto disposto in maniera tale che avessi alla mia destra il muro che dava sul giardino, quindi con nessuno che potesse fare rumore di sera.

Mi misi a letto, senza chiudere la porta questa volta, tanto non serviva a nulla farlo. Solita doppia dose di coccole alla Shila e poi rilassamento per prendere sonno. Dovevano essere passate da poco le due di notte, quando fui svegliato da una parte da un ringhio basso e cupo della Shila e dall’altra da qualcuno che stava dando dei colpi al muro che avevo alla mia destra.

Mi dovetti svegliare del tutto per realizzare che nessuno poteva dare dei colpi al muro in quel punto: era circa ad un metro e mezzo dal pavimento, il che voleva dire che era a tre metri e sessanta dal pavimento del giardino, visto che da quel lato non c’era altro che il giardino. Pur realizzando che, salvo qualcuno non avesse fatto free climbing sul muro di casa, nessuno poteva dare dei colpi in quel punto del muro, mi fondai alla finestra, sullo stesso lato del muro, per guardare fuori, ed ovviamente, non c’era nessuno appeso al tetto che ci martellava sopra!!

La Shila, non si era mossa dal letto, ma quando mi girai notai che aveva tutto il pelo del collo irto, e così giù fino alla coda: brutto segno, ma non vedevo nessuno la dove qualcuno avrebbe dovuto esserci per produrre quel suono in quel punto. Per sicurezza afferrai una delle katane e feci il giro della casa, ma la Shila non volle scendere dal letto, la coraggiosa!!

Come prevedevo non c’era nessuno in casa, ma notai che il tavolino era al suo posto corretto. «Che strano, di solito lo trovo spostato» pensai. Tornai in camera e mi rimisi a letto, ma con le orecchie tese aspettando di nuovo quel rumore. Ed ovviamente finché rimasi sveglio silenzio di tomba; appena iniziarono a crollarmi le palpebre, di nuovo la Shila inizio a ringhiare e di nuovo i colpi sul muro.

A quel punto più infastidito che spaventato, dissi «allora la vogliamo finire che voglio dormire??». Lo dissi a nessuno in realtà, perché sapevo di essere solo in casa, ma stranamente da quel momento fu silenzio: la Shila smise di ringhiare e mi si accoccolò al solito a fianco delle gambe, e così riuscii a dormire quella notte finalmente.

La mattina successiva di nuovo il tavolino spostato: ormai quasi non ci facevo più caso, per cui lo rimisi al suo posto quasi sovra pensiero, feci le mie cose ed andai a lavorare. La sera al rientro solita solfa: finestre spalancate dappertutto. Quella sera per levarmi il dubbio del tutto che non fosse la tata a spostare il tavolino, lo misi bene al suo posto e poi calai della farina per terra: se fosse passata vicino al tavolino avrei trovato le sue impronte nella farina ed avrei risolto almeno quel mistero.

La sera stessa scenetta della sera prima: appena addormentato, colpi sul muro e ringhi del cane, questa volta non mi alzai nemmeno: «allora la finiamo che c’è gente che deve dormire qui!» dissi a voce alta, quasi sicuro che avrei ottenuto silenzio, e così fu !

Al mattino, questa volta parecchio curioso, scesi di corsa in salotto a cercare le impronte della Shila a fianco al tavolino: ma ahimè nulla: il tavolino, non solo risultava spostato, ma per spostarlo era stato sollevato, visto che non c’erano tracce di trascinamento nella farina!!

A quel punto inizia a capire cosa stava succedendo e volli fare una prova: presi il tavolino, con fare stizzito, e lo riposi al suo posto dicendo a voce alta:«sentimi bene: il tavolino qui è, e qui lo voglio trovare al mio rientro; chiaro ?» Silenzio per un attimo poi un gran fragore di vetri infranti alle mie spalle; mi girai per vedere che fosse successo, ed uno dei miei due quadri storici, era per terra con la cornice, a vetro vivo, in mille pezzi.

Mi stava salendo l’ira funesta, ma feci un respiro profondo, in realtà più di uno, per riprendere il controllo. «Allora ci senti» dissi a voce alta, «no perché credevo fossi sordo quando ti conviene. Qui dobbiamo trovare il modo di convivere noi due, perché se qualcuno deve andarsene, fidati non sarò io! Ho già avuto coinquilini come te in passato e non mi spaventi affatto, posso capire che tu sia legato a questa casa in qualche modo, ma se pensi di farmi uscire di senno per farmene andare hai capito male».

Restai in attesa di qualche segnale di risposta, ma a parte la Shila ferma sulla porta del giardino, con nessuna intenzione di rientrare in quel momento, nulla di nulla. «Io vado al lavoro, e spero bene che quando rientro non debba fare il solito giro della casa a chiudere le finestre, tanto la cosa non mi fa paura per nulla, quindi vedi tu se vuoi che dividiamo casa o meno». Anche questa volta nessun cenno di risposta. Feci quel che dovevo fare, ed andai al lavoro.

Durante la giornata chiamai il mio amico, quello che mi aveva introdotto alla padrona di casa, chiacchierammo un po’ ma lo sentivo un po titubante dall’altra parte del telefono; «Senti Roby, ma mica mi dovevi dire qualcosa a proposito della casa?» lui chiaramente in difficoltà «no, nulla, ho dimenticato qualcosa di mio in cantina o in soffitta?» chiaramente stava tergiversando: decisi di saltare i preamboli: «Senti Roby, potevi anche dirmelo che la casa non era vuota, al momento di affittarla!» Silenzio dall’alta parte, chiaramente non sapeva che rispondere, «ma almeno sai chi sia il coinquilino? Giusto da sapere come comportarmi!».

A quel punto Roby mi disse tutto d’un fiato «sinceramente non ero sicuro di non essere pazzo o di essere sulla via di diventarlo, ma negli ultimi tempi succedevano cose strane in quella casa, è anche per questo che ho deciso di andarcene: quando ho saputo che la Barbara era in stato interessante, non me la son sentita di restare li e tu cercavi appartamento e so che con queste cose te la cavi».

Non sapevo se coprirlo di insulti o se mettermi a ridere. «Beh, Roby, in futuro, almeno prenditi la briga di avvisare prima di rifilare una casa infestata a qualcuno, anche se questo qualcuno sa come gestire la cosa». Parlammo un po’ di cosa gli era successo, ed in realtà a lui era andata più che bene: solo ombre alla periferia della vista, qualche rumore strano quando era solo in casa, nulla di più; quando gli raccontai cosa mi era successo in quei primi giorni, mi giurò e ri giurò che se fossero successe cose del genere a lui, se fosse sopravvissuto allo spavento, non mi avrebbe mai consigliato di prendere quella casa in affitto.

Arrivò l’ora di rientrare a casa: ero curioso di vedere che effetto avesse avuto il mio ‘’discorsetto’’ della mattina. Arrivato davanti casa, intanto, notai, con soddisfazione, che le finestre erano tutte chiuse, come le avevo lasciate la mattina. «Cominciamo bene» pensai tra me e me, entrai in casa e, come sempre, prima di tutto feci entrare la Shila in casa che, stranamente, ebbe un tentennamento prima di attraversare l’uscio: fiutò l’aria per qualche istante e poi entrò allegra come sempre. Controllai le altre finestre ed erano tutto chiuse, come le avevo lasciate al mattino.

Rientrando, mi ero fermato a prendere una nuova cornice a vetro per il quadro caduto al mattino; sistemai il quadro dentro la nuova cornice, e l’appesi dicendo a voce alta «e speriamo che non debba cambiarlo di nuovo sto vetro»; nessuna reazione, «ok se non gli va di parlare io non lo forzo di certo» pensai. Passai la serata tranquillamente, facendo le solite cose che facevo la sera. Arrivata l’ora mi feci la doccia, e mi misi a letto, elargendo la solita doppia dose di coccole alla Shila.

Ad un certo punto la stanchezza stava prendendo il sopravvento, così spensi la luce, diedi la buona notte alla tata, poi ci pensai un attimo ed aggiunsi a voce alta «buona notte anche a te, se ci sei ancora». Un colpo secco, uno solo, sempre nello stesso punto del muro fu l’unica risposta. «Ok allora notte anche a te» dissi sorridendo e prendendo sonno.


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