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Cap. 12 – Mirko, il Sardo.



Fu proprio in una di quelle serate, cosiddette mondane, in realtà una sera del fine settimana, in cui ci si trovava con tutta la compagnia, che conobbi Mirko. Si era aggregato al nostro solito gruppo, in quanto cugino di uno degli abituali presenti: il Thomas; Mirco era in vacanza qui in città ed ovviamente il cugino se l’era portato dietro.

D’altronde che doveva fare? Lasciarlo a casa mentre lui faceva l’uscita del sabato sera con gli amici ? No, ovviamente. Quando mi fu presentato, non diede alcuna sensazione particolare: un ragazzo come tanti sui 25 anni circa, con le caratteristiche somatiche di suo cugino, per cui capelli molto scuri, pelle olivastra. Mirko non sembrava farne un problema contrariamente a suo cugino Thomas, che faceva di tutto per ricordare che era nato qui nel veneto e, pur avendo genitori isolani, lui era un veneto D.O.C., almeno lui si sentiva tale.

Fortunatamente il cugino non soffriva del suo stesso, evidente, senso di inferiorità rispetto agli indigeni, e quindi risultava decisamente più simpatico con quel suo accento sardo, molto pronunciato, che non tentava assolutamente di nascondere, anzi ne era quasi fiero e si capiva, forse più che altro perché sapeva di mettere in imbarazzo Thomas quando faceva pesare le sue origini marcando, più del dovuto, sulla sua cantilena nel parlare, una cosa tipica dei sardi che personalmente ho sempre apprezzato.

Per questioni di lavoro la lingua sarda ho imparato a capirla, non so parlarla, ma la capisco, almeno nei suoi tre principali dialetti. Per cui alcune sue battute sulla simpatia di alcuni amici del cugino le capivo benissimo, ma per non rovinargli il gioco, continuavo a fare finta di non capire nemmeno io, quando ci dava dei somari o dei testoni nordici e cose del genere.

La serata proseguì in pizzeria ed, a seguire, la solita proposta di andare in discoteca. Mirko, il cugino sardo in vacanza, non sembrava affatto interessato ad infilarsi in una discoteca, per cui fece delle proposte alternative, che vennero cassate una per una.

A quel punto feci la mia mossa dicendo a tutti: «Beh ragazzi; visto che nemmeno io ho tanta voglia di andare andare in disco, sapete che facciamo? Voi andate in disco, io prendo Mirko e gli faccio fare un bel giro della città by night, così avrà un ricordo di Verona, che non sia il solito giro diurno per piazza Bra, via Mazzini, la piazza, la costola e via dicendo.» Thomas parve illuminarsi alla mia proposta; fu l’unico a non trovare poco carino, mollare il cugino in vacanza per andare in discoteca.

La cosa alla fine fu accettata, e per non doverci ritrovare a fine serata disco per rientrare insieme, dissi a Thomas che, alla fine del nostro tour, avrei riportato Mirko io stesso fin sotto casa, così che non si perdesse, sai mai: Verona è una tale metropoli che senza cartina o una esperienza di vita vissuta, nell’urbe, di almeno un decennio sicuramente uno si poteva perdere!

Ci salutammo col gruppo e, salendo in macchina, chiesi a Mirko se avesse in mente da dove voler iniziare il nostro tour notturno: locali, monumenti, camminata per la città? Mirko ci pensò un attimo e poi: «direi che una passeggiata in città può essere un buon inizio per vedere che offre Verona di sera.» Concordai, con lui, sulla passeggiata per cui guidai verso il centro; lasciammo la macchina in un parcheggio, a pagamento, lungo Corso Porta Nuova e da li ci muovemmo verso il portone della Bra, con il suo grande orologio, parlando del più e del meno.

Le successive ore passarono camminando per la parte più centrale ed antica della città, mentre gli spiegavo chi fosse Mastino della Scala, la storia di Verona, di chi l’aveva gestita negli ultimi secoli. Volli ad un certo punto testarlo per cui senza preavviso gli chiesi: «Scusa la domanda, magari un tantino personale, ma tu sei un sardo con o senza la coda?» Ponendo una certa enfasi sulla parola coda.

Mirko mi guardò un attimo stranito, più incuriosito dalla domanda, che offeso dalle possibili implicazioni sessuali, che la frase poteva sembrare avere ad un non sardo, segno che aveva capito benissimo a che mi riferivo.

«Che ne sai delle code sarde tu?» Mi domandò chiaramente incuriosito, ma anche divertito a giudicare dal sorriso che aveva ponendomi la domanda. «Ahh sai sono uno che legge molto.» Gli risposi facendo il vago. «Non credo che questo tipo di argomento si trovi sui libri: di solito questo tipo di domande le fanno solo certe persone che hanno saputo da altre, come loro, ma di origini sarde la questione della coda;» mi apostrofò Mirko.

A questo punto era inutile continuare a nascondersi dietro mezze frasi e finte domande casuali: aveva fatto capire che sapeva di cosa parlavo quindi, se non altro, ne era informato anche se, non necessariamente, praticante.

«Alla fine, Mirko, comunque non mi hai risposto» gli dissi, sorridendo come a sfidarlo. Senza guardarmi in faccia: «Beh diciamo che so cosa sia una coda e cosa implichi per un sardo averla. So chi le cerca, chi le usa e come le usano. Io lo faccio? Forse, a volte, ma molto raramente, visto che comunque farlo ha sempre un costo. Tu immagino non abbia la coda, ma mi pare di capire che comunque sei dell’ambiente.»

La risposta era evidente, salvo non volessi fare il fesso e tentare di prenderlo in giro, ma non volli farlo: «Diciamo che bazzico da quando avevo 11 anni, grazie ad un nonno premuroso che mi ha addestrato, dopo la sua morte.» Mirko non fece alcun sussulto o sguardo strano alla frase «dopo la sua morte» quindi detti per scontato che capiva cosa intendessi.

Seguì una chiacchierata lunga e pacata confrontandoci su tecniche, addestramenti e credenze più o meno metropolitane, di questa cosa della coda sarda, ed alla fine mi fu chiaro che, secondo le loro leggende, avevano la coda i discendenti di una stirpe di giganti che popolarono l’isola della Sardegna in un lontano passato, ma qui nasceva un dubbio: «Scusa Mirko, ma se solo i maschi ereditarono il seme della magia, rappresentata dalla famosa coda, come facevano a nascerne di nuovi se le donne erano escluse dal procedimento?».

Mirko mi sorrise rispondendomi: «Non è che le donne sono escluse da questa eredità, solo hanno un altro distintivo invece della nostra coda. D’altronde te la immagini una poveretta con la coda? Chi l’avrebbe voluta in sposa???».

Mi diedi dello stupido pensando a quello che mi aveva appena detto: era più che normale che, se questi giganti del passato, avevano lasciato al maschio un segno del proprio seme magico, sicuramente avrebbero fatto lo stesso con le loro donne, e di certo una donna con un ciuffo di pelo lungo e fitto all’altezza del coccige non sarebbe stata allettante per un compagno, seppur con la coda anche lui.

Vidi l’ora: ormai erano le quattro passate del mattino e chiesi a Mirko che volesse fare. Lo vidi pensarci su e gli chiesi quale fosse il problema. «Il fatto è che è molto tardi, se mio cugino non è ancora rientrato, o se è rientrato ed è già a letto con le cuffie, al suo solito, mi tocca suonare e svegliare gli zii per rincasare e non mi va vista l’ora.

«Risolviamo in fretta Mirko» gli dissi quasi senza nemmeno pensarci, «andiamo a casa mia e dormi nel divano letto in sala, così non disturbi nessuno e a casa torni in orari più decenti senza svegliare nessuno.»

Mirko era un po’ dubbioso: evidentemente era combattuto tra il finire per disturbare gli zii o il disturbare me per il doverlo ospitare. «Tranquillo Mirko, sono attrezzato per soste di emergenze varie di amici e/o parenti; per quello ho il divano letto in sala, sempre pronto ed attrezzato.» Alla fine Mirko si fece convinto, ed accettò la mia proposta di ospitalità.

Arrivati a casa usai le chiavi per aprire il portoncino facendogli segno di seguirmi, ma quando salii i tre gradini che portavano al piano principale, mi resi conto che Mirko non era dietro di me. Mi girai e lo vidi fermo davanti al portoncino che si guardava intorno.

«Problemi Mirko?» gli chiesi. «Beh mi pare di capire che non saremo in due, e non mi pare molto ospitale il tuo coinquilino.» Sorrisi tra me e me, mi ero scordato che aveva la coda e che quindi sicuramente avrebbe percepito la presenza del mio coinquilino non corporeo. «Scusa Mirko ma mi è passato completamente di mente di avvisarti che la casa aveva già un suo inquilino quando la presi in affitto, ma non devi preoccuparti, abbiamo avuto tutto il tempo di presentarci e di smettere di farci la guerra: adesso siamo, se si può dire, degli amiconi.»

Mirko chiese a voce alta, e chiaramente non a me: «Posso? Non creo problemi ?». Prese l’assenza di una risposta come una risposta affermativa, così almeno gliela rifilai, e Mirko tranquillizzato dalla mia spiegazione, entrò in casa seguendomi più sereno. In effetti quella notte il mio coinquilino non si fece proprio sentire in nessun modo, nemmeno con me.

Lo accompagnai a fare un rapido giro della casa, sopratutto per mostrargli dove potersi lavare e fare una doccia se avesse voluto, e la sala dove, una volta aperto il divano letto già pronto da usare: era vero tutto sommato che lo tenevo sempre pronto all’uso perché capitava spesso che qualcuno, amici o sconosciuti come i ragazzi del concerto dei Pink Floid a Venezia, si fermasse a dormire da me; quindi aprendo il divano letto Mirko si trovo il letto pronto da usare con lenzuola e federe pulite con relativi cuscini.

Mirko si fece una doccia veloce e poi diede la buonanotte e scese in sala mettendosi a letto. Una volta sentito che si era sdraiato, mi feci una doccia veloce, pure io, e andai a dormire, prima di scivolare tra le braccia di Morfeo sussurrai: «Mi raccomando: lasciaci dormire stanotte!!» Non ebbi risposta per cui la presi come una risposta affermativa del mio coinquilino abituale.

Verso le 6 e trenta, mi svegliai: nonostante fosse una domenica, comunque anni di sveglia sempre alla stessa ora avevano, inevitabilmente, programmato il mio orologio interno per svegliarmi a quell’ora. Tesi l’orecchio per cercare di capire se Mirko si fosse già alzato o meno, ma sentii solo il silenzio di una casa dormiente, per cui mi alzai, scesi in cucina e preparai delle brioche che avevo in freezer, per colazione. In meno di mezzora la cucina, e l’intero piano terra della casa, profumava di brioche appena sfornate, e probabilmente il profumo era così intenso che svegliò anche Mirko.

«Buongiorno! Dormito bene ?» La domanda era più per me che per lui, volevo capire se l’inquilino lo avesse lasciato dormire o meno. «Si, si: il materasso e comodissimo.» Mi fece di rimando Mirko, «meno male va» pensai tra me e me. «Ho delle brioche appena sfornate se volessi fare colazione Mirko.»

Si presentò in boxer in cucina con i capelli tutti arruffati. «Beh in effetti farei volentieri colazione, se mi fai compagnia.»

Gli indicai il suo posto alla penisola che avevo già attrezzato per noi due e lui si sedette aspettandomi educatamente per iniziare a mangiare. Parlando la sera prima mi aveva avvisato che appena sveglio era poco reattivo fino al primo caffè, così gli presentai una tazzina fumante e gli porsi lo zucchero. Mirko prese la tazzina se l’avvicinò al naso ed aspirò profondamente; poi trangugiò il caffè caldo senza nemmeno zuccherarlo. «Ahh adesso si comincia a ragionare» esclamò e dopo aver atteso che io prendessi la prima brioche si tuffò sul vassoio a prendere la sua e cominciare a mangiare come se l’occasione di mangiarne, non si sarebbe presentata per bel po’.

«Ehi piano Mirko: ce ne sono ancora in freezer; 15 minuti in forno e sono pronte» gli dissi sorridendo. Mirko si rese conto, solo in quel momento, della figura che forse stava facendo: seminudo, in casa di uno appena conosciuto che si strafogava di brioche appena sfornate. «Scusami, ma è una vita che qualcuno non mi prepara la colazione: non ci sono più abituato, mi sto comportando da troglodita.»

Detto questo, velocemente, si alzò andò in sala e tornò con i jeans indossati e finendo di infilarsi la maglietta mentre si sedeva nuovamente. «Ecco, forse così passo meno per bifolco». Sorrisi e non commentai, soprattutto sul fatto che lo preferivo nella versione precedente: non c’era sufficiente conoscenza per buttarsi tanto in là di prima mattina!

Finita la colazione, mentre si commentava il giro turistico della serata, Mirko se ne uscì con un: «qui a Verona conosco un altro sardo con la coda, ma lui è uno che pratica da una vita e conosce le tradizioni molto meglio di me: se vuoi approfondire la magia sarda, posso metterti in contatto con lui.»

Gradii molto la sua offerta, perché, davvero, ero curioso di approfondire questo tipo di conoscenza: come diceva il nonno: «più ne saprai, nella vita, meno probabile sarà che qualcuno ti colga impreparato.»

«Posso darmi una sciacquata prima andare?» Gli risposi che sapeva dove fosse il bagno così sparì su per le scale raggiungendo il bagno, ed io mi imposi di non seguirlo con una scusa banale: sarebbe stato sciocco, visto poi che da li a qualche girono sarebbe ripartito per tornare in patria come diceva lui.

Quando scese era lavato, pettinato e vestito a modo, pronto per rientrare a casa degli zii, così presi le chiavi della macchina e ci accingemmo a partire. In 20 minuti fummo davanti casa di Thomas, e Mirko mi disse, passandomi un post-it: «Restiamo comunque in contatto, sempre che ti vada, magari la prossima volta che vengo su mi fermo da te invece che da mio cugino, così avremo più tempo di conoscerci più a fondo.»

L’ultima parte della frase l’aveva pronunciata parandomi un sorriso malizioso che mi confermò che avevo ragione e che ci poteva essere un interesse reciproco, se non fosse stato per le rispettive residenze.

«Volentieri Mirko: come hai visto di posto a casa mia ce n’è in abbondanza per amici ed ospiti, e approfondire» qui calcai il tono con un sorrisino di risposta «la nostra conoscenza piacerebbe molto anche a me».

Ci salutammo e scese dalla macchina: un saluto veloce e si avviò verso il cancello della villetta dei suoi zii.

Già mi immaginavo il mio amico assalirlo con cose tipo «ma sei matto? Dormire a casa sua? Ma lo sai che è gay?» Sorridevo all’idea di quella scena: certo che Mirko sapeva che ero gay, era uno dei motivi per cui aveva chiesto di essere ospitato al prossimo viaggio.

Passano un paio di mesi e ricevo una email da Mirko, che mi comunica che verrà a Verona, e mi chiede se l’invito resta valido, dicendo anche che se non lo è dovrà rimandare il viaggio perché è in rotta con il cugino e gli zii.

Ovviamente gli confermo che l’offerta di ospitalità resta valida in ogni momento così ci mettiamo d’accordo per trovarci all’aeroporto di Verona due giorno dopo.

Venerdì, intorno le 17, ero allo scalo davanti il portone delle uscite aspettando Mirko, che mi aveva avvisato, via messaggio, che era in orario e, tempo pochi minuti, sarebbe uscito.

In effetti dieci minuti dopo lo vedo arrivare con la sua sacca alla marinara sulla spalla e con il suo sorriso, a dire il vero un po’ forzato: analizzo l’aura e come mi aspettavo, visti i messaggi dei giorni precedenti, è grigia: tensione, preoccupazione, incertezza sul come proseguire. Non inizio con le domande a raffica subito, voglio dargli il tempo di ambientarsi all’arrivo e di non avere l’impressione che mi deve delle spiegazioni.

Saluti di rito, raggiungiamo la macchina e ci dirigiamo verso casa. «Immagino vorrai darti una rinfrescata dopo il viaggio Mirko;» Mirko però era preso dai suo pensieri e non mi risponde. Il viaggio verso casa fu tutto così: silenzio coperto dalla musica dello stereo della vettura.

Arrivati a casa entrò, questa volta senza chiedere permesso all’inquilino, altro segno che era preso dai suoi pensieri. Si stava dirigendo verso la sala, immagino pensasse di dormire ancora sul divano letto. «Seguimi Mirko: il divano letto è per le occasioni volanti: sapendo per tempo questa volta che venivi, ho fatto in tempo a preparare la stanza degli ospiti.» Sempre in silenzio mi seguì su per le scale ed in stanza. Gli indicai un armadio vuoto per i suoi vestiti, il suo letto, un caricatore con diversi cavetti USB per ricaricare i suoi dispositivi, e l’altra anta dell’armadio con dentro asciugamani ed un accappatoio con delle ciabatte infradito. Insomma quello che io consideravo il minimo sindacale per un ospite degno di quella definizione.

«Devi scusarmi se sono di poche parole» iniziò Mirko, ma sono un po’ preso da un problema di cui vorrei parlarti dopo che mi son fatto una doccia.»

Gli dissi di fare con calma, che avevamo tutto il fine settimana a nostra disposizione, se lui non avesse già fatto altri programmi. Dopo la doccia lo sentii andare in camera e sdraiarsi sul letto: aveva bisogno di riposare o pensare, ed io non volevo fargli fretta.

Per cena decisi di preparare della pizza, così da non dover uscire e poter parlare. Intorno le diciannove decisi che fosse ora di cenare, o quanto meno di tirarlo giù dal letto. Bussai alla porta, aperta a dire il vero, della sua stanza e quando mi rispose con un tono che indicava che si stava ancora svegliando, gli dissi «Mirko ho pensato volessi cenare a casa ed ho fatto della pizza, se vuoi sarà pronta tra circa 10 minuti.»

Mirko mi rispose biasciando che sarebbe sceso subito ed io tornai in cucina a vedere di sistemare piatti e necessario per cenare. Mirko mi raggiunse in nemmeno 5 minuti: era chiaro che si era vestito per restare a casa, non che la cosa mi creasse problemi, ma mi faceva piacere che avesse un’aura più limpida: forse a furia di pensare si era chiarito le idee.

Mangiammo la pizza parlando del più e del meno, del viaggio e dei progetti, molto vaghi, per il fine settimana. Finita la cena preparai un caffè e gli dissi di andare in sala che lo avrei portato li. Bevuto il caffè ormai eravamo al punto in cui o avesse iniziato a parlare o si sarebbe presentato un momento di silenzio imbarazzante per entrambi!

Fortunatamente Mirko non era intenzionato a permetterlo: «Sai quando son rientrato a casa di Thomas l’altra volta ho deciso di parlargli della coda e delle sue conseguenze: visto poi che anche lui ce l’ha sebbene cerchi di nasconderla depilandola periodicamente.»

Lo guardai incuriosito mentre gli rispondevo: «Ah avete questo genere di confidenza?» Mirko mi guardò per un attimo di traverso poi sorrise: «Non farti strane idee, solo che quando sono da lui dormiamo nella stessa stanza per cui ho avuto modo di vedere anche la sua coda, oltre ad averla sentita. »

Capii a cosa si riferiva: all’aura, forse nemmeno sapeva come si chiamasse; stava diventando evidente che per quanto riguardava la magia Mirko doveva essere un auto didatta.

«Immagino» ripresi io questa volta «che tuo cugino non ne sapesse nulla visto che se la rade periodicamente.» Questa volta fu Mirko a guardarmi sorridendo come per sfottermi: «non mi dire che tu e Thomas…» lasciò la frase in sospeso volutamente. «Assolutamente no !!» Risposi calcando su un tono quasi infastidito, «semplicemente abbiamo frequentato la stessa palestra per una stagione per chi ho avuto modo di vedere i segni della depilazione in quella zona, e sapendo che è sardo di origini, mi son fatto un idea di cosa fosse e perché se la depilava.»

«Già» rispose sconsolato Mirko «Io stupidamente non ho, invece, pensato al perché se la depilasse, così che quando ho iniziato a parlare di magia ha dato di matto.» Praticamente adesso tutti i vostri amici sanno che io sono fuori di testa e che mi credo uno stregone» aggiunse, ancora più sconsolato, prima di continuare «e quel che è peggio e che ne ha parlato ai miei zii e mia zia, ovviamente ne ha parlato con mia madre, la quale mi ha fatto un culo così per aver toccato l’argomento.»

Capivo in che genere di ginepraio si fosse infilato, sebbene non me lo avesse detto era chiaro che lui con sua madre ne aveva parlato, e lei gli aveva proibito, in maniera piuttosto chiara, di parlarne con altri, includendo automaticamente tra gli altri anche i parenti che non fossero di primo grado.

«Tua madre quindi sa, soltanto, o pratica anche ?» La domanda era piuttosto personale, e poteva portare ad una secca risposta da parte di Mirko, ma a questo punto dovevo capire bene come stavano le cose. «Sai che non so dirtelo?» Riprese Mirko, «sapere sa sicuramente cosa sia la coda e che io ce l’ho, che poi, lei, pratichi anche o meno la magia, questo non lo so: non abbiamo mai affrontato la cosa in maniera così diretta.»

«Quindi quale sarebbe il tuo piano con Thomas?» Gli chiesi: a questo punto volevo capire se io avevo un ruolo o ero solo un punto di appoggio per il suo viaggio. Mirko mi guardò dritto negli occhi, quasi in tono di sfida: «voglio dimostrare a Thomas che non mi sono inventato tutto e fargli vedere qualcosa che lo convinca definitivamente; fatto questo, poi, decida lui se vuole tagliarmi fuori dalle sue conoscenze o meno, ma almeno non passerò per un bugiardo impazzito!»

Era chiaro che voleva usare la magia, in sua presenza, per convincerlo che diceva il vero, ma cosa avesse in mente di preciso non mi era chiaro e questa cosa andava definita subito: «Io che ruolo doveri avere in questa cosa Mirko? Giusto per capire come muovermi. E bada bene: fossi anche solo un punto di appoggio per i tuoi viaggi qui a Verona non sarebbe un problema.»

Mirko era, chiaramente, sulle spine per quello che voleva dirmi, ma che non sapeva come dirmi. La sua aura continua a cambiare di colore in base ai momenti in cui credeva di aver trovato una soluzione ed il momento successivo in cui gli diventava chiaro che quella non era una buona soluzione.

«Il fatto è che io di magia non so quasi nulla, per cui mi servirebbe il tuo aiuto.» Lo disse tutto d’un fiato come se esprimere questo concetto fosse l’unico modo per riprendere fiato. «Chiarisci Mirko: vuoi che ti insegni la magia? O vuoi che la usi davanti a Thomas? O, peggio ancora, vuoi che la usi su Thomas?» Temevo la risposta a questa domanda: nel migliore dei casi non era fattibile insegnare la magia a distanza; e gli altri due casi non necessariamente comportavano dover fare del male a Thomas, cosa che non avrei assolutamente fatto mai a scopo dimostrativo.

Così con Mirko ci siamo preparati all’azione: Mirko sapeva che Thomas era molto legato ad un suo portachiavi, regalo di un amico morto in un incedente stradale. Non sapeva dove lo avesse riposto ed era da un po’ che cercava, arrabbiandosi ogni volta con se stesso, perché considerava l’oggetto un ricordo importante, e non si dava pena per averlo risposto tanto distrattamente da non ricordare dove.

Insegnai a Mirko un incantesimo di localizzazione; dovemmo ripetere l’esercizio molte volte perché Mirko si appropriasse delle capacità necessarie per portarlo a termine al primo tentativo. Procedemmo per tentativi: io nascondevo un oggetto che gli facevo prima vedere, e lui doveva localizzarlo.

Inizialmente lo esercitavo a cercarlo in casa, nelle ore successive iniziai a lasciare in giro l’oggetto esca in giro quando eravamo fuori e lui doveva, comunque riuscire a trovarlo.

Fortunatamente avere la coda, quindi il suo seme della magia, abbreviò di molto il percorso di apprendimento e la dimestichezza con l’incantesimo arrivò in fretta.

Ora restava il problema di come gestire la cosa con suo cugino: l’incantesimo, come sempre, andava espresso a livello mentale, e questo lo rendeva poco appariscente, mentre in questo caso serviva qualcosa di ben visibile per fare colpo su Thomas.

Dopo aver passato tutto il giorno ad allenarsi, Mirko si sentiva pronto, o quanto meno era impaziente di ricucire i rapporti con Thomas. «Davvero ti senti pronto? In realtà non sai dove ha perso l’oggetto: potrebbe essere in casa o chissà dove. E come ormai sai bene, più è distante e più energia ti servirà per rintracciarlo.» Mirko ci pensò un attimo su e poi: «Si questo l’ho capito, ma lui è praticamente certo che l’oggetto in questione è in casa da qualche parte, ed è certo di non averlo mai portato fuori dal villino.»

«D’accordo, se ti senti pronto allora passiamo all’azione;» lo incitai; così prese il telefono e lo chiamò. Fissarono l’appuntamento per le 21 della sera stessa, perché dal suo punto di vista, Thomas pensava che prima si facesse e prima avrebbe tappato la bocca a Mirko su queste sciocchezze sulla magia e Mirko, di contro, prima fosse stato e prima avrebbe dimostrato a Thomas che non era un pazzo che si inventava le cose.

Chiaramente l’incontro venne organizzato a casa di Thomas approfittando del fatto che i genitori erano al teatro, quella sera, e che sua sorella sarebbe stata fuori con il proprio ragazzo. Chiusa la comunicazione telefonica, però, Mirko si fece prendere dai dubbi: «Ma sarò capace a farlo sotto stress? Se poi non riesco davvero mi sarò giocato il legame con Thomas» e così via; cercai di rassicurarlo, ricordandogli che era riuscito nel rito tantissime volte ormai nelle ultime ore, e male che fosse andata gli avrei dato una mano senza far capire nulla a Thomas.

Questo parve rassicurarlo un po’, così passammo il resto del pomeriggio girando per la città, impedendogli così di pensare alla serata che avrebbe dovuto affrontare da li a poco. Alle otto e trenta eravamo già parcheggiati davanti casa di Thomas: Mirko era chiaramente nervoso, per cui dovetti ricordargli di respirare e di calmarsi altrimenti si che rischiava di fare un buco nell’acqua !!

Non servì nemmeno bussare alla porta: Thomas, chiaramente era teso quando suo cugino, per cui era già da un po’ che stava alla finestra aspettando di vederci arrivare. Quando lasciammo la macchina per incamminarci verso il cancello, Thomas si precipitò ad aprirci; ci fece entrare, e feci caso che prima di chiudere la porta si guardò intorno, come a verificare che altri non avessero notato che suo cugino Mirko fosse appena entrato a casa sua.

«Allora» iniziò Thomas, perché c’è anche lui?» Il lui chiaramente ero io, e Thomas non si spiegava la mia presenza; Mirko ne approfittò per dargli al prima stilettata: «Beh visto che qui non sono più benvenuto, ho dovuto chiedere a lui se mi ospitava, pur sapendo che rischiavo la mia verginità visto che è un caghineri.»

Aveva chiaramente detto gay in sardo per rendere più pesante, il ricordo a Thomas, di quando aveva chiesto a Mirko se fosse impazzito a dormire a casa mia visto che io ero dichiaratamente gay. Thomas arrossì violentemente alla parola caghineri ed io dovetti fare piuttosto fatica a non mettermi a ridergli in faccia: se era così rischioso dormire a casa mia, come mai allora aveva corso il rischio, per una intera stagione, di girarmi dinnanzi nudo quando andava e tornava dalla doccia in palestra?

Chiaramente tenni per me queste considerazioni, sebbene la voglia di chiederglielo spudoratamente fosse tanta, eravamo qui per cercare di ricucire il rapporto tra Thomas e Mirko per cui le mie, eventuali rivendicazioni, passavano in secondo piano.

Thomas accusò il colpo e ritenne buona la spiegazione, ci mancava solo dirgli che ero, anche, uno stregone per mandarlo definitivamente fuori di testa! «Allora che dovresti fare di così eclatante da farmi cambiare idea?» Chiaramente il tono di Thomas era di sfida, ma Mirko, seguendo il mio consiglio, non cadde nella trappola e restò tranquillo. «Ti ricordi il portachiavi di Andrea che non torvi più?» Chiese Mirko a Thomas. L’aura di Thomas, al solo sentire il nome di questo Andrea, alterò di scatto: da gialla per il tono di sfida, ad un grigio cupo per le sensazioni di tristezza per la morte del suo amico. «Certo che me lo ricordi: sai bene che non riesco più a trovarlo, e che questa cosa mi fa stare molto male, come se avessi mancato di rispetto ad Andrea, nell’aver perso il suo regalo.»

«Bene» disse di rimando Mirko, «allora usando la magia, lo ritroverò così da fartelo riavere.» Thomas lo guardò stranito, si domandava se Mirko si rendesse conto che se questa cosa non avesse funzionato la loro amicizia probabilmente sarebbe stata rovinata per sempre. E dall’aura di Mirko era chiaro che lui stesso stava considerando la cosa alla stessa maniera.

Mirko disse a Thomas di spostarsi nella sia camera da letto così da poter partire da un probabile punto in cui potesse essere un oggetto così importante per lui. Thomas accettò senza fare storie e salimmo nella zona notte.

Come avevo spiegato a Mirko, lui prese un foglio bianco dalla stampante del computer di Thomas e con una matita trovata sulla scrivania disegnò in maniera approssimativa la pianta della casa: due volte per il piano terra ed il piano notte, ed una terza per il piano interrato che aveva una disposizione totalmente diversa. Thomas lo osservava, senza però chiedere spiegazioni su cosa Mirko stesse facendo. Una volta finito gli schizzi della casa, ci fece sedere per terra chiedendo a Thomas, in particolare, di cercare di no muoversi e non fare rumore: Thomas sbuffò, ma accettò di farlo. Una volta seduti, Mirko comincio ad intonare l’incantesimo di reperimento.

Lo fece in sardo come gli avevo suggerito, così che Thomas potesse capire il senso di quello che pronunciava. Continuò a ripetere l’incantesimo finché non si sentì pronto e carico: a quel punto chiese a Thomas di passargli la catenina che portata al collo, appeso al quale c’era un piccolo crocefisso. Thomas borbottò qualcosa ma gliela diede: Mirko se ne avvolse una parte intorno al dito indice della mano sinistra e si fermò sul primo disegno, quello che rappresentava il piano notte della villetta. Restammo in attesa in silenzio, forse Thomas con il fiato sospeso; dopo un paio di minuti Mirko mi guardò sconsolato e cambiò disegno: questa volta usò lo schizzo che rappresentava il piano terra. Riprese a salmodiare l’incantesimo con la catenina, sempre avvolta, all’indice sinistro. Questa volta però, dopo qualche secondo, la catenina inizio a roteare, dapprima in maniera appena, appena percettibile, ma poi aumentando, sempre di più il raggio del cerchio che disegnava nell’aria.

«Vabeh sei tu che lo fai girare» borbottò Thomas; lo ripresi io mentre Mirko restava concentrato: «Se fosse anche così lascialo fare: se è lui che fa girare la catenina, allora comunque non troverà l’oggetto che cercate!» Thomas mi guardò torvo, ma mi diete ascolto. Mirko interruppe quello che stava facendo: allontanò gli altri fogli in modo che fosse visibile solo quello del piano terra; riprese il canto dell’incantesimo, e questa volta la catenina inizio a fare un movimento verticale: avanti ed indietro sempre solo in una specifica zona, dove in realtà c’era il camino in sala. Mirko prese la matita a tracciò una linea appena visibile seguendo il movimento del crocefisso. A quel punto ruoto di 90° il foglio e riprese a salmodiare la catenina riprese a dare un movimento verticale sempre nella stessa zona di prima: Mirko fece diverse prove spostando il crocifisso in altri punti del disegno, ma quando lo faceva il movimento della catenina si fermava subito. Quando tornava in quel punto dello schizzo la catenina riprendeva il movimento. Riprese la matita e tracciò un altra riga leggera andando ad incrociare, in modo perpendicolare, il tracciato che aveva fatto nel movimento precedente.

«Fatto» disse Mirko a Thomas, «il punto di incrocio delle due righe è dove sta il portachiavi. Thomas guardò il disegno e ci pensò un attimo: ma è dove ce il camino: fosse anche li sarà cenere!!» Mirko lo guardò un attimo dubbioso domandandoli «ma scusa non hai detto che era un porta chiavi? Se lo era sarà stato in metallo no?» Thomas rispose in maniera affermativa capendo dove Mirko voleva arrivare. Si alzò lui per primo dirigendosi verso la porta, quando ci fu davanti aprendola ma senza girarsi disse «allora mica abbiamo finito! Voglio proprio vedere se salterà fuori il portachiavi!!»

Sorrisi mentre io e Mirko ci alzavamo per seguirlo , scendemmo in sala e cominciammo ad ispezionare il camino: ovviamente Thomas ispezionò la parte esterna del camino, adducendo al fatto che sicuramente non era li perché lo aveva cercato diverse volte tra gli oggetti sulla cappa del camino. Mirko ricordando i miei consigli, prese la pala per raccoglier la cenere del fuoco e cercò l’oggetto; ma dopo qualche secondo mi guardò sconsolato e con fare interrogativo. Gi feci cenno di guardare anche negli angoli: fosse caduto da una tasca avrebbe potuto rimbalzare sulla pietra dinnanzi a camino per finire nella parte più interna dello stesso.

«Eccolo» esclamò Mirko con un tono di trionfo soffiando su un oggetto, del tutto nero per le ceneri che si erano depositate sopra. Thomas prese in mano il portachiavi, ormai cominciava a diventare evidente che oggetto fosse. Lo prese in mano con la delicatezza con cui prende in mano un oggetto delicato come il cristallo. Aveva gli occhi rossi, segno che davvero per lui era una reliquia importante del suo amico Andrea. Ci fu silenzio: non era il momento di reclamare il diritto di scuse per essere stato chiamato pazzo e bugiardo da Thomas, e fortunatamente Mirko lo capiva da solo.

Gli feci un cenno e ci allontanammo. «Forse adesso è meglio che torniamo a casa e lasciamo Thomas al suo dolore, ci sarà tempo per chiarire le vostre rispettive posizioni. Mirko lo guardò, forse al momento incapace di capire tanto dolore per uno che era solo un amico. Mi diede comunque ascolto e tornammo a casa mia.

«Secondo te Thomas avrà capito adesso che non mi sono inventato nulla e che è tutto vero?» Mi chiese Mirko. Sembrava che davvero gli importasse cosa suo cugino credesse di lui, se non altro perché voleva mantenere i buoni rapporti con lui ed i suoi zii con cui aveva un buon rapporto, almeno l’aveva finché Thomas non se n’era uscito con la storia della magia. «Beh sicuramente adesso ha a cosa pensare: quello che ha visto è stato più che reale, i suoi sensi non lo tradiscono, per cui può anche non accettare i fatti, ma sa che è successo davvero. Da qui al fatto che voglia imparare la magia sarda poi ce ne passa un bel po’;» cercavo di tenere un atteggiamento positivo per Mirko, ma non volevo nemmeno che si facesse troppe speranze sul fatto che Thomas di punto in bianco si interessasse alla magia sarda solo perché l’aveva vista all’opera. Mirko doveva capire che Thomas pur avendo goduto gli effetti positivi della magia in questo caso, non significava che l’avrebbe accettata nella sua vita quotidiana.

«Comunque non disperare Mirko, dobbiamo dargli il tempo di digerire quello che è successo e vedere lui come vuole gestire la cosa,» Mirko parve essere d’accordo con me, aggiungendo: «però aspettare è dura: dover stare qui non sapendo come vuole e se vuole mandare avanti il nostro rapporto ti consuma.» Capivo l’ansia di Mirko, se Thomas non avesse cambiato atteggiamento, nonostante l’aver visto la magia all’opera, Mirko non aveva null’altro da tentare ormai oltre a dichiararsi uno stregone, sebbene in fasce, gli aveva anche dimostrato di esserlo. Quindi era una strada a senza unico, non poteva tornare indietro, salvo usando un incantesimo di cancellazione della memoria, ma sono incantesimi piuttosto complicati e con risultati non sempre prevedibili, per cui si usano di rado. Poi non sarebbe stato onesto e per come avevo conosciuto Mirko poteva essere tante cose, ma non un disonesto, men che meno con Thomas a cui sembrava davvero legato.

Eravamo in giro per la città dopo aver mangiato una pizza, quando suonò il cellulare di Mirko: «Si, d’accordo, fra una mezzora? Va bene. Si certo ci sarà anche lui. A dopo.» Avevo capito la maggior parte della telefonata, ma chiesi a Mirko comunque conferma: «Thomas?» Si mi rispose Mirko piuttosto euforico, «che diceva?» Mirko era preso dai suoi pensieri per cui no mi rispose subito: «vorrebbe vederci tra mezzora al parco vicino casa sua.» Sorrisi tra me e me: «immagino sua sorella sia già rientrata!» Sorrise rispondendomi: «ovvio, perché altrimenti vederci fuori casa, ma così vicino? Non vuole parlarne in casa ma non vuole nemmeno muovere quel grosso culo!!» E sorrise mentre saliva in macchina.

Arrivammo al villino, parcheggiamo e proseguimmo a piedi verso il parco di zona. Lo trovammo seduto alla bullo su una panchina; culo sulla spalliera e piedi sulla seduta. Odiavo chi si siede così sulle panchine pubbliche, ma lasciai perdere: non era quello il momento di far notare quando fosse poco educato sedersi in quel modo dove poi devono sedersi altre persone. «Ciao ragazzi» ci salutò Thomas appena ci vide. Rispondemmo al saluto e poi silenzio da entrambe le parti. «Ragazzi forse doveri farmi un giro: avrete diverse cose di cui parlare, e non credo che la mia presenza sia necessaria o appropriata visto che son cose vostre. Solo se torni a dormire da me chiamami al cellulare che vengo a riprenderti Mirko, ok?» Mirko annuì pensieroso e Thomas non disse nulla, per cui me ne tornai al parcheggio presi la macchina e tornai a casa domandandomi come sarebbe finita fra quei due cugini testoni.

Arrivato a casa decisi di comportarmi come se fossi solo, avrei fatto una doccia letto un po’ di un romanzo che avevo iniziato durante la settima poi sarei andato a dormire. Se Mirko non avesse risolto con suo cugino, per avesse avuto ancora bisogno di un appoggio per dormire mi avrebbe chiamato, e con il cellulare sul comodino ed abituato alle chiamate per la reperibilità sapevo che mi sarei svegliato non appena il cellulare avesse preso a suonare; ma quella notte il cellulare non squillò, per cui: o passarono l’intera notte a chiacchierare oppure le cose erano rientrate nella norma Thomas aveva dato ospitalità a Mirko facendolo dormire di nuovo da lui. Sapevo solo che erano le 6 e 30 del mattino e non avevo ricevuto chiamate.

«Con tutto quello che potresti fare, non hai di meglio che seguire quei due fessi?» La frase mi tuonò nella testa infastidendomi non poco: ricevere messaggi telepatici quasi urlati appena svegliati non era il massimo. «Premettendo che non sono due fessi ossia uno è un mio amico e l’altro è suo cugino, a te che interessa alla fin fine?» Chiaramente era il mio inquilino che stranamente era rimasto fuori da questa faccenda: da quando Mirko era arrivato il pomeriggio precedente sino ad ora non si era fatto ne sentire, ne si era manifestato ne con me ne con Mirko, il che in effetti mi aveva un po’ incuriosito. «Adesso che hanno fatto pace il moccioso torna a dormire dal cugino immagino.» «Tu non immagini, tu lo speri che è tutt’altra questione. A proposito, come mai te ne sei stato buono buonino ieri ed oggi? Di solito non sei così carino con i miei ospiti;» lo stuzzicai volutamente perché davvero ero curioso di questo cambio di atteggiamento. «Diciamo che prima si leva di torno e meglio sto!» Ecco adesso lo riconoscevo, ma sentivo che mi stava nascondendo qualcosa e volevo sapere cosa; «allora che problemi hai con Mirko?»

«Ti sembro uno che può avere dei problemi con un mortale?» Mi chiese con tono quasi annoiato, ma ormai lo conoscevo abbastanza da sapere quando cercava di glissare, ed era quello che stava tentando di fare e non avevo nessuna intenzione di permetterglielo!! «Allora che mi nascondi; sembra quasi tu abbia paura di Mirko, nemmeno con me hai mai usato tanto i guanti bianchi!» La misi come se mi stessi offendendo per essere stato preso meno sul serio di Mirko. L’aria in camera comincio a muoversi; guardai le finestre ed erano entrambe chiuse, ecco altro ospite in arrivo. «Allora diglielo su, che fai ti vergogni?» Altra voce ed ormai la riconoscevo al primo accenno: era la creatura delle colline che aveva deciso di aggregarsi, cos piuttosto anomala per il suo modo di fare. «Buongiorno anche a te» dissi rivolgendomi all’aria che ancora si muoveva in camera. «Buongiorno a te Maestro del Mattino.» Da quando aveva avuto conferma del mio nome mistico gli piaceva usarlo sempre quando era con me. Forse perché sapeva che a me dava fastidio: se lo avesse sentito chi non doveva concerto sarebbe stato un bel problema, ma non c’era verso: a lui piaceva chiamarmi così ed io dovevo sperare sulla sua capacità di sapere quando poteva dirlo senza farmi correre rischi!

«Allora cosa mi nascondente voi due? E tu creatura delle colline non fare il finto tonto che è chiaro che sai cosa lui vuole evitare.»

Silenzio da entrambi finché «allora se non glielo dici tu glielo dico io;» aggiunse la creatura delle colline. «Basta che qualcuno mi dica che sta succedendo» aggiunsi io forando un apparente tono scocciato.

L’inquilino sbottò: «io non ho nulla da dire;» mi rivolsi alla creatura delle colline «e tu che hai da dirmi allora?» Come spesso capitava, per darmi l’illusione di parlare con un corpo la creatura delle colline faceva muovere l’aria dando l’impressione che qualcuno fisicamente si stesse muovendo vicino a me; «beh pare che il tuo amico Mirko stia indigesto al tuo inquilino.» Rimasi sorpresi: se qualcuno gli stava antipatico di solito non faceva nulla per nasconderlo, anzi si dava un gran da fare con manifestazioni spiritiche evidenti per farlo scappare via!

«Pare che il tuo amico Mirko sia un sardo di una linea di sangue particolare»… silenzio… «e quindi?» Lo incalzai, era fastidioso dover alimentare il suo ego a volte, ma o facevi così o lasciava i discorsi in sospeso anche per giorni. «Beh pare che discenda da una famiglia di streghe sarde dedicate agli esorcismi, per cui cacciarlo da qui per lui sarebbe un gioco da bambini.» Mi pareva di vedere uno dei tanti volti mostratimi dalla creatura delle colline in passato, con un ghigno stampato sul muso.

«Ma se per insegnargli un semplice incantesimo di localizzazione ci ho messo quasi un giorno??!?! Che vuoi che possa fare al mio inquilino?». La creatura delle colline rise, con quella sua risata cristallina che era così rilassante e minacciosa allo stesso tempo. «Vero, ma con quello che gli scorre nel sangue gli basterebbe volerlo per cacciarlo via, perché credi sennò che da quando bazzica casa tua non si sia mai fatto sentire quando cel Mirko qui; e lo sai quanto gli piace fare la prima donna con i tuoi nuovi amici.» L’inquilino non interveniva nella discussione, per cui immaginai che la creatura delle colline avesse ragione, altrimenti avrebbe tentato di smentirlo in qualche modo.

«Comunque stai pure tranquillo: finché ci vivo io qui, nessuno ti caccerà via di qui !!» Speravo che l’inquilino capisse che ero sincero con lui. «Non avrebbe motivo poi nemmeno per provarci, non ti pare? Non ti ricordi come fu educato il primo giorno che venne qui? Ti chiese persino il permesso di entrare.»

«E questo è strano» si intromise la creatura delle colline, «in effetti come istinto, visto che ti ha percepito, avrebbe dovuto colpire senza preavviso e isolare la casa da te.» Risposi io: «Magari perché era mia ospite? Non sarebbe stato carino essere ospitato per la notte e come prima cosa avviare una guerra con il mio inquilino: io sicuramente non l’avrei presa bene». L’inquilino sembro sobbalzare: « e che avresti fatto? Mi avresti difeso ?» Mi resi conto che la conversazione stava diventando assurda, comunque gli risposi senza pensarci nemmeno un attimo: «certo che ti avrei difeso: dividiamo casa e nessuno deve permettersi di metterci il becco. Al massimo gli concedo, se non gli sta bene, di girare i tacchi ed andarsene, non certo di attaccare un mio coinquilino!» «Interessante» si intromise di nuovo la creatura delle colline, «tu lo difenderesti da un tuo pari che ha nel sangue il recidere il legame tra un infestante ed il suo infestato ?» «Chiariamo una cosa» risposi «a casa mia valgono le mie regole non quelle di qualsivoglia casta di stregoni o maghi; come dicevo prima se non sta bene loro, possono anche tornare da dove son venuti.» Avevo volutamente usato la terza persona plurale per escludere la creatura delle colline dalla ipotesi: di certo no volevo mettermi a litigare con lui di prima mattina!!! «Saggia scelta di verbi Maestro del Mattino» e segui la sua solito risata cristallina. «Vuoi evitare lo scontro con me mi pare di capire.» La chiacchierata stava prendendo una brutta piega: «io non voglio confrontarmi con nessuno: dico solo a casa mia valgono le mie regole, Punto.»

La creatura delle colline parve accontentarsi di questa risposta perché non prosegui il discorso che poteva prendere una gran brutta piega!!

«Comunque questo stregone va addestrato!» disse all’improvviso la creatura delle colline. «Se stai pensando a me, non vedo come: vive in Sardegna e capita qui occasionalmente; sarebbe un addestramento che richiederebbe dei decenni per avere una qualche risultanza seria.» Silenzio… di solito significava che la creatura delle colline stava pensando a come risolvere il problema. «Forse se gliene parlassi si trasferirebbe qui in pianta stabile per il tempo necessario.» Non potevo credere che stesse dicendo sul serio: «Cioè dovrei mettermi in casa un allievo per 5/7 anni ed a che scopo: io non conosco nemmeno la magia sarda!!» «Vero da questo punto di vista sei limitato ancora;» aggiunse la creatura delle colline soprappensiero non considerando che avrei potuto anche prenderla vagamente come una offesa. A quel punto pensai «Adesso ti sistemo io» e preso il toro per le corna senza pietà gli dissi: «perché non te lo prendi come tuo allievo: tanto non hai problemi a spostarti e non hai certo problemi di tempo!!» Di nuovo silenzio… «anzi perché non ti trasferisci direttamente da lui e resti li?» si inserì l’inquilino, ma il tono da sfottò era troppo chiaro per essere preso sul serio!!

«In effetti è parecchio tempo che non addestro nessuno, potrebbe essere stimolante.» Disse la creatura delle colline. «Chiaramente io non voglio essere tirato in ballo» precisai immediatamente. «Questo lo desiderò io via via che prosegue con il suo addestramento» dal tono usato la sua non era una supposizione, era una cosa che aveva già deciso. «E come ti presenti lui? Salve da oggi sono il tuo maestro?» Ancora quel tono di sfottò dell’inquilino: prima o poi avrebbe avviato uno scontro se la piantava di usare quel tono da saputello. «Beh ci son diverse possibilità: può presentarmi il Maestro del Mattino, oppure potrei prendere forma umana per qualche anno, mentre lo addestro. I modi non mancano.» Gli rammentai «io ne resto fuori: non dimenticartelo.» La reazione, purtroppo fu quella che mi attendevo: «tu resti fuori finché io decido che puoi restarne fuori, mi pare normale.» E per lui il discorso era chiuso lui sul mio entrarci o meno.

«Insomma gente,» iniziai, «stiamo parlando pur sempre di una persona: non credete che debba dire la sua in merito? O si decide noi per lui indifferentemente da cosa stia bene a lui o meno?»

Questa volta la voce della creatura delle colline fu sottile e tagliente: «tu hai potuto decidere quando tuo nonno ti ha addestrato? NO. Alloa non vedo cosa c’entri la volontà di Mirko in questa cosa: stiamo decidendo del suo futuro da stregone, mica di chi deve sposarsi!!». Cercai di calmarlo sperando che l’inquilino non saltasse fuori con qualche sua battutaccia proprio ora!! «Devi capire però,» creatura delle colline «che le priorità di un mortale son diverse dalle nostre. Non credo si avrebbe un buon risultato imponendogli la cosa a forza. Poi magari mi sbaglio visto che tu hai molta più esperienza di me in queste cose.»

Ormai era tardi: si era messo in moto: «Va bene: è deciso, il ragazzo va addestrato e me ne occuperò io. Non servirà che me lo presenti: mi presenterò da solo quando sarà il momento e fidati: non mi dirà di no!!» «Non ho dubbi, creatura delle colline, che non si rifiuterà, immagino tu sia essere molto convincente solo, se mi è consentito, non forzarlo se non si sente pronto. Poi è chiaro che deciderai tu Come muoverti.»

Dando l’impressione di non avermi minimamente ascoltato «Bene direi che è stato discusso tutto quello che andava discusso su questo argomento: adesso vado: scendo a casa sua che comincio a consocerò la sua famiglia ed i suoi amici.» L’aria nella stanza si fermò. Ecco semplicemente se n’era andato.

«Perché fai il lecchino con lui?» Mi chiese il coinquilino, «Non faccio il lecchino, cerco solo di evitare scontri inutili, cosa che tu invece pare vai cercando a tutti i costi: lo sai vero che con lui non hai possibilità?» Sbuffò, segnale che pure lui se n’era andato. Restai solo seduto sul letto a pensare alla decisione della creatura delle colline di far diventare Mirko un suo allievo. Sarebbe stata una cosa positiva? O negativa? Per quel poco che la conoscevo la creatura era una creatura molto potente, quindi in teoria aveva molto da insegnargli. La mia preoccupazione restava però se avrebbe solo addestrato Mirko o se lo avrebbe plasmato a sua immagine e somiglianza, Il secondo caso mi spaventava perché ancora non conoscevo affatto il lato più oscuro della creatura delle colline e qualcosa mi diceva che era meglio così, ma se fosse diventato maestro di Mirko, a quest’ultimo sarebbe stata risparmiata la parte più oscura dell’animo della creatura delle colline? O anche quella avrebbe fatto parte dell’addestramento?

L’unica cosa da fare era aspettare e vedere come sviluppava l’addestramento di Mirko e sperare di non entrare in contrasto con la creatura delle colline per quello che gli stava insegnando: sarebbe stato uno scontro piuttosto sanguinolento se fossimo arrivati ai ferri corti io e la creatura delle colline!!!



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